La campagna di Survival International aveva costretto le autorità ad agire e nel 2018 tutti gli allevatori di bestiame e i trafficanti di legname che avevano occupato il territorio dei Kawahiva erano stati sfrattati. Ma, da allora, il processo di protezione territoriale si è fermato
Vi ricordate dei Kawahiva, la comunità indigena incontattata del Brasile? Nel 2016, il Ministero della Giustizia brasiliano aveva dichiarato la foresta ‘territorio indigeno’. Da allora, però, il processo di demarcazione dell’area è rimasto paralizzato per la feroce opposizione di molti politici e della lobby dell’agrobusiness, a denunciarlo è Survival International, l’organizzazione internazionale che da anni si batte per i diritti dei popoli indigeni.
Nel 2016 vi avevamo raccontato che dopo mesi di pressioni internazionali, il Ministero della Giustizia brasiliano aveva firmato il decreto che istituiva un’area protetta nelle terre abitate dalla tribù incontattata dei Kawahiva, per evitare che la deforestazione illegale ne mettesse a repentaglio la sopravvivenza.
Era stata proprio Survival a lanciare una campagna internazionale a difesa dei Kawahiva, una tribù che non ha contatti con il mondo esterno e la cui sopravvivenza è minacciata oltre che da taglialegna illegali, minatori, speculatori e allevatori, anche da patologie come l’influenza o il morbillo, verso le quali i Kawahiva non hanno difese immunitarie.
Purtroppo però a distanza di dieci anni dalla scoperta di questa tribù, le terre non sono ancora state pienamente protette e si ritrovano accerchiate da trafficanti di legname e accaparratori di terra. Cosa sta succedendo? Ripercorriamone insieme la storia.
Kawahiva, tribù incontattata
Nel 2013, il Dipartimento brasiliano agli Affari Indigeni FUNAI aveva diffuso le immagini video di un incontro casuale con i Kawahiva incontattati dello stato di Mato Grosso, nel cuore dell’Amazzonia. L’attore premio Oscar Mark Ryalance aveva poi prestato la sua voce per narrare il filmato di Survival International dal titolo “Gli ultimi Kawahiva”, e richiamare l’attenzione sulla loro difficile situazione.
La campagna internazionale condotta da Survival International, al fianco degli indigeni, aveva costretto le autorità ad agire e nel 2018 tutti gli allevatori di bestiame e i trafficanti di legname che avevano occupato il territorio dei Kawahiva, erano stati sfrattati. Ma, da allora, il processo di protezione territoriale non solo si è fermato, ma è stata costruita una strada illegale a soli 2 km di distanza.
«Questo è uno dei casi più importanti fra tutti quelli che riguardano le tribù incontattate del Brasile – spiega la direttrice di Survival Brasile, Sarah Shenker -I Kawahiva sono sopravvissuti a innumerevoli attacchi genocidi che hanno sterminato molti di loro; il processo di demarcazione ha subito un arresto, e i trafficanti di legname pregiato e gli accaparratori di terra considerano il territorio come aperto allo sfruttamento. Sappiamo che sono stati attivi all’interno della foresta dei Kawahiva: ogni incontro tra i Kawahiva e questi estranei, che generalmente sono armati, potrebbe essere letale. Le autorità devono intervenire subito per concludere il lavoro e proteggere legalmente il territorio dei Kawahiva una volta per tutte».
Massacri e malattie
Massacri e malattie – denuncia Survival- hanno già ucciso molti Kawahiva: per i sopravvissuti, l’unica speranza è la demarcazione del loro territorio (ovvero, il riconoscimento legale e la delimitazione e protezione effettiva).
«Il governo ha già ricevuto due ultimatum per concludere il processo: un tribunale brasiliano aveva ordinato il completamento della demarcazione nel 2013, l’anno in cui fu diffuso il video. A dieci anni di distanza non è ancora avvenuto e nell’agosto di quest’anno la Corte Suprema ha quindi dato al FUNAI 60 giorni per finalizzare un piano per la demarcazione definitiva del territorio», spiega l’organizzazione internazionale.
«Potremo garantire la sopravvivenza dei nostri parenti incontattati solo se il territorio sarà demarcato. Sta a noi proteggere i nostri parenti e il loro stile di vita, perché, in mezzo a tutte le minacce e sfide che esistono qui nel Mato Grosso, loro sono la resistenza e la resilienza», chiosa Eliane Xunakalo, dell’organizzazione indigena FEPOIMT (Federazione dei popoli e delle organizzazioni indigene del Mato Grosso).
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Fonte: Survival International
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