La civiltà Maya aveva metodi unici per creare materiali da costruzione resistenti nel tempo: queste tecniche, basate su ingredienti organici naturali, hanno resistito alla prova del tempo e sono ancora oggi oggetto di studio
Numerose ricerche archeologiche hanno rivelato che molte culture, tra cui quella Maya, aggiungevano ingredienti organici naturali alle malte di calce, come estratti di piante, riso glutinoso, succhi di frutta, oli, grassi animali e persino sangue e birra. Una cronaca del XVI secolo sullo Yucatan racconta che la parte superiore di un edificio Maya era costituita da un tetto di malta, consolidato con una sorta di “succo” derivante dalla corteccia di un albero. In effetti, sono stati trovati tracce di carboidrati in campioni di stucchi Maya che corrispondono a quelli presenti nella linfa delle cortecce degli alberi Chukum e Jiote, tipici della regione.
Gli esperimenti condotti utilizzando le ricette tradizionali per la produzione di stucchi, tramandate dai muratori Maya moderni, hanno dimostrato che questi additivi migliorano la lavorabilità della miscela, riducendo le crepe da essiccazione. Tuttavia, come sottolineato da Carlos Rodriguez-Navarro, tra gli autori dello studio, questi effetti non spiegano completamente la notevole durabilità degli antichi stucchi dei Maya. Per approfondire, il team ha raccolto campioni da strutture Maya nel sito archeologico di Copan, in Honduras. In particolare, hanno esaminato la struttura del tempio Rosalila, noto per il suo eccellente stato di conservazione e le sue elaborate decorazioni in stucco.
Le analisi scientifiche e le scoperte recenti
Rodriguez-Navarro e il suo team hanno utilizzato tecniche avanzate, come la microscopia elettronica a emissione di campo, la diffrazione a raggi X e la microscopia a luce polarizzata, per studiare i campioni raccolti a Copan, datati tra il 540 e l’850 d.C. Hanno scoperto che molte delle strutture cristalline dei campioni erano impregnate di particelle organiche, come spiegato dagli stessi esperti:
I muratori Maya, probabilmente attraverso tentativi ed errori, hanno formulato stucchi di calce biomimetici con proprietà superiori e maggiore durabilità. È intrigante notare che alcuni stucchi antichi di Copan non contengano sostanze organiche, mentre altri sì. Possiamo solo ipotizzare che, per scopi specifici, gli antichi muratori Maya aggiungessero sostanze organiche dove era richiesta una finitura più elaborata.
Come accennato poco fa, il gruppo ha coinvolto i muratori Maya contemporanei della zona per assistere nell’estrazione della linfa dalle cortecce degli alberi Jiote e Chukum. Successivamente, hanno impiegato questa linfa nella preparazione dei loro intonaci di calce, integrando gli estratti durante la fase di spegnimento.
Dopo l’indurimento, si è osservato che l’intonaco ottenuto presentava una struttura cristallina analoga ai campioni di Copan e evidenziava caratteristiche di resistenza, plasticità e durabilità simili ai biominerali di calcite rintracciabili nel cemento attuale, così come nelle spine di alcuni echinodermi e nei gusci dei molluschi. Nonostante ciò, come sottolineato da Rodriguez-Navarro e colleghi, questi benefici non giustificano pienamente la resistenza straordinaria degli intonaci Maya, specialmente se confrontati con la robustezza delle malte e dei calcestruzzi utilizzati dagli Antichi Romani, che contenevano componenti idraulici.
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Fonte: Science Advances
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