La California Academy of Sciences (Usa) ha presentato Matusalemme (Neoceratodus forsteri), il pesce più vecchio del mondo costretto però a vivere in un acquario, lo Steinhart Aquarium della medesima accademia. La sua età stimata è intorno ai 100 anni
Si chiama Matusalemme e ha circa 100 anni, ma è costretto a vivere in un acquario, lo Steinhart Aquarium della California Academy of Sciences (Usa). È in assoluto il pesce più longevo attualmente vivente in cattività.
L’età dell’esemplare è stata determinata da analisi del DNA all’avanguardia condotte da Ben Mayne del CSIRO e David T. Roberts di Seqwater e hanno portato ad una stima di 93 ± 9 anni, maggiore della sua età precedentemente stimata di 84 anni. Matusalemme potrebbe quindi essere davvero ultracentenario.
La sua, comunque, è una discutibile anche se molto lunga vita: infatti il pesce è arrivato all’acquario con una nave della Matson Navigation Company nel lontano 1938, pertanto dei suoi quasi 100 anni, 85 sono tracorsi zsenza poter nuotare nel suo habitat naturale.
L’esemplare è sopravvissuto largamente agli altri 231 pesci provenienti dalle Isole Fiji e dall’Australi, arrivati con lui e morti nel frattempo nell’acquario, diventando famoso in realtà non solo per la sua età avanzata, ma per la sua personalità affascinante e la sua passione per i massaggi sulla pancia.
Anche se sappiamo che Matusalemme venne da noi alla fine degli anni ‘30, non esisteva un metodo per determinare la sua età a quel tempo – spiega Charles Delbeek, curatore di Aquarium Projects presso Acquario Steinhart – quindi è incredibilmente emozionante ottenere informazioni scientifiche sulla sua età effettiva. Matusalemme è un importante ambasciatore per la sua specie, poiché aiuta a educare e ad alimentare la curiosità nei visitatori provenienti da tutto il mondo. Ma il suo impatto va oltre il deliziare gli ospiti dell’acquario: rendere la nostra collezione vivente disponibile ai ricercatori di tutto il mondo aiuta a comprendere meglio la biodiversità e ciò di cui le specie hanno bisogno per sopravvivere e prosperare
Indubbiamente gli acquari gestiti da organizzazioni scientifiche svolgono anche dei ruoli nella ricerca e nella conservazione delle specie. Matusalemme e gli altri due pesci polmonati dell’Accademia (di età compresa tra 55 e 51 anni) sono stati inclusi in uno studio che ha analizzato altri 30 esemplari provenienti da altre 6 istituzioni negli Stati Uniti e in Australia per creare un catalogo di pesci polmonati viventi con l’obbiettivo di migliorare le stime sull’età basate sul DNA.
Stimare l’età di pesci così longevi e antichi è notoriamente difficile e tecnicamente impegnativo, e tradizionalmente si basa su metodi di invecchiamento più invasivi e talvolta letali come l’esame di otoliti o ossa dell’orecchio e la rimozione di intere squame – spiegano gli esperti – Il nuovo metodo utilizza un minuscolo campione di tessuto prelevato da una clip di pinna inferiore a 0,5 cm2, una metodologia innocua che può essere applicata a specie minacciate senza incidere sulle popolazioni o sulla salute degli animali
Questi studi, di per sé, sono molto importanti per la ricerca.
Conoscere con precisione l’età dei pesci di una popolazione, compresa l’età massima, è vitale per la loro gestione, perché così possiamo capire quanto tempo una specie può sopravvivere e riprodursi in natura, il che è fondamentale per modellare la vitalità della popolazione e il potenziale riproduttivo di una specie
Matusalemme e gli altri pesci non vivono però in natura, ma in condizioni che li espongono ad alcuni rischi dovuti alla cattività, ma non ad altri tipici degli habitat reali. E secondo gli esperti questa è una situazione dove le ricerche possono comunque dare indicazioni importanti anche per gli esemplari che hanno la fortuna di nuotare liberi.
Questa ricerca evidenzia le scoperte importanti e spesso fortuite che possono verificarsi lavorando con acquari pubblici e istituzioni che mantengono le specie protette sotto la loro cura. Questo approccio alla ricerca sulla longevità degli animali rari e in via di estinzione potrebbe essere estrapolato a quasi tutte le specie di vertebrati – spiega David T. Roberts – e dimostra il valore che le istituzioni per la cura degli animali come la California Academy of Sciences possono svolgere nel far progredire la conoscenza degli animali per migliorare la gestione della conservazione delle specie in natura
I risultati completi dello studio dovrebbero essere pubblicati entro la fine del 2023.
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Fonte: California Academy of Sciences
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