L’inquinamento di cui nessuno parla: l’acqua di laghi e fiumi è intrisa di farmaci e sostanze stupefacenti

Le nostre acque sono sempre più inquinate dallo sversamento di farmaci e sostanze stupefacenti con danni enormi sulla fauna ittica, come dimostrano numerosi studi

L’inquinamento delle acque da parte di sostanze farmaceutiche e stupefacenti è un problema sempre più preoccupante che coinvolge direttamente la fauna ittica. Per questo, negli ultimi anni, è stato oggetto di numerosi studi scientifici. Queste ricerche hanno rilevato la presenza di tracce di tali sostanze nelle acque di laghi e fiumi, con conseguenze inaspettate e preoccupanti sull’ecosistema acquatico.

Purtroppo il consumo di droghe e sostanze stupefacenti è in continuo aumento, come evidenziato dai dati sul consumo di droghe in Europa nel 2021. All’epoca si stimava che 83 milioni di cittadini ne facessero uso sporadico o regolare. Tra queste sostanze, i cannabinoidi e la cocaina sono tra le più diffuse, rispettivamente con oltre 78 milioni e 13 milioni di utilizzatori.

Nel corso dei secoli, poi, l’evoluzione della medicina ha portato all’introduzione di una vasta gamma di farmaci, tra cui antinfiammatori e pillole anticoncezionali, che hanno migliorato la nostra qualità di vita e la nostra salute.

Tuttavia, molte di queste sostanze, legali o illegali, vengono eliminate parzialmente o completamente dal nostro corpo sotto forma di metaboliti, i cui principi attivi spesso resistono ai processi di depurazione delle acque nelle strutture di trattamento e finiscono per accumularsi nei fiumi e nei laghi, specialmente quelli vicini alle aree urbane.

Le anguille del Tamigi sono ormai una specie criticamente minacciata

Questo accumulo di metaboliti di farmaci e droghe ha effetti dannosi sulla fauna degli ecosistemi acquatici più colpiti. Ad esempio, nel Tamigi, le concentrazioni di metaboliti della cocaina sono molto elevate, a causa dell’ampio consumo di questa sostanza a Londra.

Recenti studi del King’s College hanno infatti stimato un consumo di 23 kg al giorno nell’intera area urbana, grazie alla misurazione delle concentrazioni del metabolita benzoilecgonina nelle acque fognarie trattate. Tutto ciò ha influenzato negativamente le anguille europee che popolano il fiume.

Sono stati registrati danni ai muscoli scheletrici con sintomi simili alla rabdomiolisi (il rilascio nel sangue di sostanze, come la mioglobina, tossiche per l’organismo) e alterazioni delle branchie. Questi effetti hanno portato al declino critico di questa specie, che ora è classificata come criticamente minacciata.

Il problema delle pillole anticoncezionali

A ciò si aggiunge il fatto che gli estrogeni presenti nelle pillole anticoncezionali possono alterare lo sviluppo sessuale di alcune specie ittiche, come dimostrato da uno studio del 2014 dell’Università di New Brunswick.

I ricercatori hanno analizzato le conseguenze all’esposizione agli ormoni in pesci della specie Pimephales promelas, studiando la proliferazione e lo stato di salute delle diverse popolazioni divise nei numerosi piccoli laghi della regione dell’Ontario del nord.

I risultati hanno dimostrato che anche piccole quantità di estrogeni rilasciate nei bacini possono causare la “femminilizzazione” dei pesci maschi, influenzando la loro riproduzione e portando alla produzione di uova nei casi più gravi. Questo impatta l’intera catena alimentare a causa della riduzione delle risorse alimentari per i predatori.

I possibili interventi per contrastare questo fenomeno

Ma cosa si può fare? Per affrontare questo problema sono necessarie azioni correttive. Una strategia è l’attenzione al corretto smaltimento delle sostanze e la riduzione dei loro usi non essenziali, specialmente eliminando l’impiego in ambito veterinario in allevamenti intensivi.

Inoltre gli impianti di depurazione delle acque reflue possono essere modernizzati, adottando tecnologie come il trattamento con ozono o le vasche anossiche di sedimentazione, per aumentare la degradazione di composti persistenti.

Infine la ricerca farmaceutica potrebbe contribuire sviluppando farmaci “benign by design”, usando principi attivi più facilmente biodegradabili e meno persistenti nell’ambiente naturale. È cruciale prendere provvedimenti per mitigare questi impatti e preservare gli ecosistemi acquatici.

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