Vittoria, la tribù nativa riavrà le sue terre a 160 anni dalla più grande impiccagione di massa degli Stati Uniti

Nel 1862, 38 nativi americani della nazione Dakota-Sioux vennero impiccati contemporaneamente su un unico patibolo, ma avrebbero potuto essere molto di più se l’allora Presidente Abraham Lincoln avesse approvato tutte le 307 condanne a morte emanate dal tribunale militare (che aveva condotto 498 processi sommari alla fine della Guerra Dakota). Alla fine Lincoln fece una distinzione ti guerrieri che avevano combattuto contro i soldati statunitensi e quelli che accusati di aver aggredito e ucciso i coloni. Nessun nativo fu rappresentato da un avvocato difensore

Il parco statale dell’Upper Sioux Agency, dove sono sepolti i corpi delle persone uccise nella guerra tra Stati Uniti e le comunità indigene Dakota, sarà restituito a una comunità di nativi americani.

Siamo nel Minnesota sud-occidentale e qui l’Upper Sioux Agency State Park (o Yellow Medicine Agency) si estende per poco più di 5 chilometri quadrati, tra praterie dorate e fiumi tortuosi che ospitano anche i luoghi di sepoltura del popolo Dakota, che trovò la morte nel momento in cui il Governo non tenne fede ai trattati con i nativi americani più di un secolo fa.

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Ora i loro discendenti potranno riappropriarsi della loro terra: lo Stato sta compiendo il grande passo di trasferire il parco a una tribù Dakota, cercando di fare ammenda per gli eventi che hanno portato alla più grande impiccagione di massa nella storia degli Stati Uniti.

È un luogo di olocausto. La nostra gente lì è morta di fame – racconta Kevin Jensvold, presidente della comunità Upper Sioux, una piccola tribù con circa 550 membri appena fuori dal parco.

Secondo la Minnesota Historical Society, decenni di tensione esplosero nella guerra tra Stati Uniti e Dakota del 1862 tra coloni e una fazione tribale. Dopo che gli Stati Uniti vinsero la guerra, il Governo impiccò più persone di qualsiasi altra esecuzione avvenuta nella nazione. Un memoriale onora i 38 uomini Dakota uccisi a Mankato, a 177 chilometri dal parco.

Da circa 18 anni Jensvold sta chiedendo allo stato di restituire il parco alla sua tribù, oggetto di contesa perché ad oggi un trasferimento significherebbe anche meno turisti e meno soldi per la vicina città di Granite Falls: il parco è infatti costellato di sentieri escursionistici, campeggi, tavoli da picnic, accessi per la pesca, percorsi per motoslitte e passeggiate a cavallo.

Negli ultimi anni, alcune tribù negli Stati Uniti, in Canada e in Australia hanno ottenuto il ripristino dei loro diritti sulle terre ancestrali con la crescita del movimento Land Back, che cerca di restituire le terre alle popolazioni indigene.

Finora non è mai capitato che un parco nazionale passasse dal Governo degli Stati Uniti a una comunità tribale, ma alcuni sono cogestiti con le tribù, tra cui il Grand Portage National Monument nel Minnesota settentrionale, il Canyon de Chelly National Monument in Arizona e il Glacier Bay National Park in Alaska. Ha detto Jenny Anzelmo-Sarles del National Park Service.

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Fonte: The Guardian

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