Il segreto nascosto nei carapaci delle tartarughe: una testimonianza silenziosa dell'era nucleare
Sembra uno spettro del passato, ma il pericolo nucleare è una realtà che riesce ancora a spaventarci, come dimostra il grande successo del film Oppenheimer, che racconta la nascita della bomba atomica nel Progetto Manhattan. Si tratta di un capitolo molto buio della nostra Storia che ad oggi è possibile leggere in un modo a dir poco affascinante tramite i gusci delle tartarughe e delle testuggini che vivono vicino ai luoghi dove sono state realizzate o testate le bombe.
Questa sorprendente scoperta è il risultato del lavoro di un team di scienziati, in gran parte provenienti dal Los Alamos National Laboratory, che ha studiato quattro esemplari appartenenti a diverse specie: Chelonia Mydas (tartaruga marina verde), Gopherus agassizii (tartaruga del deserto Mohave), Gopherus morafkai (tartaruga del deserto di Sonora) e Pseudemys concinna (tartaruga di fiume). Queste sono state raccolte non in vita tra gli anni ’50 e gli anni ’80 in quattro diverse aree di produzione nucleare o di test, tre negli Stati Uniti (Utah, Tennessee e Georgia) e una nelle Isole Marshall.
Gusci rivelatori
Gli scienziati hanno analizzato i carapaci di queste tartarughe, che crescono in cerchi concentrici come gli alberi e assorbono vari elementi dall’ambiente quali suolo, acqua e vegetazione. Così hanno scoperto che al loro interno c’erano tracce di isotopi di uranio, chiaro segno dell’attività nucleare, e hanno potuto ricostruire la storia di questi quattro posti nel tempo, come spiegano all’interno del loro studio pubblicato su PNAS Nexus:
In un film educativo della United States Civil Defense Administration del 1952, intitolato “Duck and Cover”, una tartaruga animata di nome “Bert” mostrava al pubblico americano cosa fare in caso di attacco nucleare: le parole erano semplici, bisognava “abbassarsi” e “coprirsi”, e per milioni di scolari questo significava cercare riparo sotto i banchi di scuola.
Il riparo per l’antropomorfo Bert comportava una caratteristica funzionale presente in alcune tartarughe, testuggini e tartarughe marine, ovvero la capacità di ritrarre la testa e le zampe nel guscio osseo. Sebbene si tratti di una rappresentazione fittizia, Bert fornisce un’utile analogia per comprendere gli effetti delle attività nucleari nell’ambiente odierno.
I ricercatori hanno così constatato che la quantità di isotopi nei gusci aumentava quando si produceva o si faceva esplodere una bomba, ma rimaneva alta anche negli anni successivi, nonostante i tentativi di pulire i posti da ogni traccia nucleare. Per fortuna, la quantità di isotopi era troppo bassa per fare male alle tartarughe, che non hanno avuto problemi di salute. Il team si è detto entusiasta dei risultati:
Questo studio ci aiuterà a conoscere meglio la storia nucleare del nostro Pianeta, e anche a capire come gli isotopi radioattivi si spostano nell’ecosistema, passando dal suolo e dall’acqua a piante e animali.
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Fonte: PNAS Nexus
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