Un video di qualche anno fa girato al santuario di Baba Umer Dargah nel Maharashtra divenne all’epoca molto virale, tanto che la Commissione nazionale per la protezione dei diritti dei minori ha più volte intimato la fine di questa tradizione davvero terrificante
Sono più di 700 anni che fedeli musulmani e indù in alcune zone dell’India praticano un rituale che appare, agli occhi di chi non è di quella cultura, assai opinabile: il lancio (letterale) di bambini poco più che bebè dalla cima di un tempio o di una moschea. Il motivo? Chiedere le grazie del Padreterno perché concedesse al bambino di turno buona fortuna, lunga vita e prosperità.
Uno strano modo di ingraziarsi un Dio qualunque, direte voi, ma qui in India – e soprattutto negli stati del Maharashtra e del Karnataka – il rituale del lancio risale a secoli fa, a quando, nei periodi di elevata mortalità infantile, un santo avrebbe suggerito ai genitori di attuare questa pratica.
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Una pratica che non è rimasta inosservata dalla comunità civile e che ha richiamato l’attenzione della National Commission for Protection of Child Rights (NCPCR – Commissione nazionale per la protezione dei diritti dei minori).
Allarmata dalla diffusione di un video che ritraeva proprio il rito del lancio del bambino, diffuso in rete nell’estate del 2009 e ripreso più volte nel corso degli anni, la NCPCR avrebbe poi ordinato di non replicare più una simile cerimonia che va ben oltre contro l’interesse dei bambini, oltre che ritenuta illegale ai sensi della legge sui diritti dei bambini in India.
Il rito del lancio del bambino
Secoli fa in India il tasso di mortalità dei bambini era abbastanza elevato, tanto che sia induisti che musulmani si dedicarono a continue preghiere e richieste di intercessioni. Leggenda vuole che, così, un santo li avesse istruiti convincendoli che Dio avrebbe posto fine a quella tendenza eseguendo quello che poi è diventato il rito del lancio del bambino, considerato un modo per chiedere a Dio (che li cattura miracolosamente) per i bambini vita e prosperità.
Il giorno del rituale, tutti i neonati vengono portati al tempio o alla moschea dai genitori. Lì, un prete porta i bambini in cima all’edificio e li lancia uno dopo l’altro, a un’altezza di 10/15 metri. Sotto, ad attenderli, c’è un gruppo di uomini con una grande coperta (ma Dio non doveva salvarli?).
Una volta che un bambino atterra, i fedeli esultano e a fanno passare il bambino di braccia in braccia fino a quando non arriva ai genitori.
La condanna della comunità internazionale
Pare scontato dire che questa cosa abberra chiunque sia al di fuori di musulmani indiani e induisti. La stessa usanza è stata fortemente contestata dalla National Commission for Protection of Child Rights, che condanna apertamente questa tradizione ormai anacronistica.
Secondo il New York Times, in ogni caso, tutti si svolge ancora più o meno regolarmente, anche se su scala molto più piccola in aree remote come Mangasuli, nel Karnataka settentrionale.
India caso isolato? Non esattamente. In Spagna, nella città di Castrillo de Murcia, nella provincia di Burgos, dal 1620 si celebra la festa tradizionale denominata “El Colacho”, durante la quale è previsto il “salto del bambino”:in quest’antica ricorrenza, organizzata dalla Confraternita del Santissimo Sacramento di Minerva, si mescolano rituali cattolici e pagani che nel complesso sembrano simboleggiare il trionfo del bene sul male. E cosa si fa? I bambini nati nei dodici mesi precedenti vengono adagiati su alcuni materassi posizionati direttamente in strada mentre i “diavoli” li scavalcano con un salto per liberarli dal peccato originale, allontanare gli spiriti maligni e la sfortuna. Se vi sembra non pericoloso questo…
Ne parliamo qui: El Colacho, la bizzarra festa spagnola dove i diavoli scavalcano i neonati per allontanare il male
Fonte: Telegraph / Thaindian
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