Il futuro per i giovani è a dir poco drammatico: smetteranno di lavorare a 74 anni. I risultati della ricerca realizzata dal Consiglio Nazionale dei Giovani assieme a Eures
È un quadro inquietante per i nostri giovani quello delineato dalla ricerca “Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani”, realizzata dal Consiglio Nazionale dei Giovani assieme a Eures. Chi si affaccia oggi nel mondo del lavoro, infatti, andrà in pensione a 74 anni.
Non bastasse dunque il mondo attuale di grande incertezza, il futuro che li aspetta è ancora più buio. Cosa sta accadendo è ben spiegato dalla presidentessa del Cng, Maria Cristina Pisani, che ha evidenziato:
La combinazione di precarizzazione, discontinuità lavorativa e retribuzioni basse per i lavoratori under 35 non solo rende più difficile l’ingresso nel mercato del lavoro, ma determinerà la loro uscita solo per vecchiaia, con importi pensionistici molto bassi. Una situazione che, se non si interviene, sarà socialmente insostenibile.
Gli importi mensili lordi della pensione
Secondo le proiezioni originali sul valore delle pensioni atteso nei prossimi decenni per i lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni, se questi rimanessero nel sistema fino al 2057, il pensionamento avverrebbe a quasi 74 anni (73,6) con un importo mensile lordo di 1.577 euro (1.099 netti dopo l’Irpef), corrispondente a 3,1 volte l’assegno sociale.
Per chi invece è titolare di partita IVA, i lavoratori autonomi, con la stessa permanenza fino al 2057 e un ritiro a 73,6 anni, l’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.650 euro lordi mensili (1.128 netti dopo l’Irpef), equivalente a 3,3 volte l’assegno sociale.
È dunque necessario, secondo Pisani, un dibattito approfondito sulle questioni previdenziali:
La questione demografica e il passaggio al sistema del ‘contributivo puro’ mettono infatti ulteriormente a rischio la sostenibilità del nostro sistema pensionistico.
Alessandro Fortuna, consigliere di Presidenza con delega alle politiche occupazionali e previdenziali, ha aggiunto:
Sono stime che evidenziano la grave distorsione del sistema, così come attualmente definito, che non soltanto proietta nel tempo le diseguaglianze reddituali, rinunciando a qualsivoglia dimensione redistributiva, ma addirittura risulta punitivo verso i lavoratori con redditi più bassi, costretti a permanere nel mercato del lavoro (al di là dell’anzianità contributiva) per tre o addirittura sei anni più a lungo dei loro coetanei con redditi più alti e ad una maggiore stabilità lavorativa.
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Fonte: Consiglio Nazionale Giovani
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