Morto a 87 anni Marc Augé, il filosofo francese dei “non luoghi”

È scomparso Marc Augé, antropologo, scrittore e filosofo noto soprattutto per la sua teoria dei “non luoghi” dove le persone transitano ma senza costruire relazioni significative tra loro

Marc Augé, scrittore e filosofo francese, ci ha lasciato all’età di 87 anni. Era uno dei più importanti e influenti antropologi a livello internazionale, famoso per aver coniato il termine “non luogo”, che identifica spazi che hanno la prerogativa di non essere relazionali, identitari e storici.

L’annuncio della sua scomparsa è stato dato in Italia dal Festivalfilosofia di Modena, di cui faceva parte del Comitato scientifico dal 2009. In passato, Augé ha diretto l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, di cui è stato a lungo presidente, e l’Istituto francese di Ricerche per lo sviluppo (IRD).

La teoria dei non luoghi

Le sue ricerche in Africa occidentale lo hanno portato a elaborare un’antropologia dei mondi contemporanei, concentrata sulla dimensione rituale della vita quotidiana e della modernità. Nato a Poitiers il 2 settembre 1935, ha acquisito fama grazie ai suoi studi di campo in Costa d’Avorio e nel Togo, concentrandosi sulla malattia, la morte e i sistemi religiosi.

Successivamente, Augé si è focalizzato sull’”antropologia del quotidiano”, esaminando la Francia, l’Italia e la Spagna, e analizzando soprattutto gli spazi moderni come autogrill, centri commerciali, alberghi e tutti quei luoghi in cui si manifestano riti di afflusso e consumo di massa, caratterizzati dall’assenza di storia, identità e relazioni.

Questi “non luoghi” – che ha descritto nel suo libro del 1992 Non-luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità – rappresentano un concetto opposto ai tradizionali “luoghi antropologici”. Qui le persone camminano, transitano, si incontrano, ma questo afflusso non le porta a costruire relazioni significative tra di loro.

Secondo l’antropologo, dunque, questi ambienti sono caratterizzati da una fluidità spaziale sono il frutto della “nuova” modernità avanzata o, come la definiva lui, della “submodernità” con il suo eccesso di tempo, di spazio e di individualismo.

Il cordoglio dei colleghi

Il Festivalfilosofia di Modena ha scritto sui social un commosso omaggio a Augé, definendolo un amico e un maestro che ha condiviso insegnamenti imprescindibili sullo studio delle nostre pratiche culturali attraverso l’antropologia:

Con Augé se ne va un amico e un maestro che ha dato al Festivalfilosofia e al suo pubblico, come a tanti pubblici sparsi in tutto il mondo, alcuni insegnamenti dai quali non si torna indietro come l’idea che le nostre pratiche culturali siano immerse in sistemi simbolici che è indispensabile studiare con gli strumenti dell’antropologia: una disciplina che Augé, grande specialista del terreno africano, ha praticato anche rivolgendo quel particolare tipo di sguardo alle nostre società, nella convinzione che, per essere intelligibili, i processi culturali implichino che nella loro analisi ci rendiamo ‘stranieri a noi stessi’.

Anche il presidente dell’Ehess, Romain Huret, ha espresso la sua tristezza per la perdita di Augé, ricordando il percorso accademico del defunto antropologo, la sua dedizione all’interdisciplinarietà e il suo impegno a evitare cortocircuiti ideologici.

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