Inferno senza fuga negli allevamenti intensivi: non dimentichiamoci di quei milioni animali ammassati nei capannoni, asfissiati dal caldo

Ammassati in capannoni, che diventano forni per via del caldo torrido, e senza spazio a sufficienza per muoversi: è lo strazio vissuto da milioni di mucche, polli e altri animali rinchiusi negli allevamenti intensivi italiani

Il caldo ci sta lasciando senza respiro. Chi è rimasto in città cerca di rinfrescarsi con ventilatori, bevendo bibite fresche e gelati e rifugiandosi nelle piscine e nei negozi con l’aria condizionata. C’è, però, chi non ha alcuna via di fuga né tregue. Ci riferiamo ai milioni di animali ammassati in capannoni e in gabbie, in cui manca l’aria e dove spesso e volentieri gli standard di sicurezza non vengono rispettati.

Per loro la “prigionia” è un incubo in ogni momento dell’anno, ma con queste temperature roventi è una vera e propria agonia.

Il grande caldo sta colpendo in particolare animali come le mucche, che in questo periodo stanno producendo fino al 10% di latte in meno come riferito da Coldiretti, nonostante in alcuni casi vengano utilizzatedoccette e ventilatori per rinfrescare le stalle. Per questi bovini il clima ideale sarebbe fra i 22 e i 24 gradi, ma in questi giorni in molte città i termometri hanno sfiorato i 40°C.  Un altro problema da prendere in considerazione è il rischio più elevato di incendi in questa stagione, aggravato dall’assenza di un piano di evacuazione per gli animali.

Durante l’estate del 2022 circa 20mila galline sono morte, divorate dalle fiamme, in un capannone di Brescia, mentre qualche giorno fa in un allevamento del Viterbese sono stati arsi vivi 14mila tacchini.

Com’è noto, gi allevamenti intensivi sono luoghi sovraffollati, soffocanti e poco areati, tutte condizioni che rendono un incendio ancor più catastrofico.

Il dramma del trasporto di animali vivi

Nonostant le temperature estreme, gli animali d’allevamento continuano ad essere trasportati da vivi, ammassati su camion, senza spazio a sufficienza per muoversi e in alcuni casi lasciati senza acqua per ore e ore.

Ad accendere i riflettori su questo dramma l’organizzazione animalista Compassion In World Farming Italia (CIWF), che lancia un accorato appello agli operatori del settore zootecnico in cui chiedono di limitare gli spostamenti:

“Sollecitiamo gli allevatori a fare tutto il possibile per ridurre lo stress e la sofferenza degli animali in questo clima estremo, e, se devono essere trasportati, che ciò accada solo di notte e solo per viaggi brevi.”

Leggi anche: Trasporto animali sopra i 30°: la circolare del Ministero con le regole da rispettare per evitare ulteriori sofferenze

Se ci troviamo nel bel mezzo di una grave crisi climatica la responsabilità è in gran parte anche della presenza di allevamenti intensivi.

Il settore zootecnico è responsabile di circa il 18% delle emissioni globali di gas serra: più di tutti gli aerei, treni e automobili nel mondo messi insieme. – denuncia Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia. Nonostante il ruolo svolto dal settore zootecnico nell’attuale emergenza climatica sia evidente, i nostri leader globali continuano a nascondere la testa sotto la sabbia e a trascurare il problema.

Se non riduciamo in modo considerevole il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari in tutti i Paesi, tranne che in quelli più poveri, sarà praticamente impossibile evitare livelli di cambiamento climatico pericolosi e le temperature continueranno a salire. Continueremo a vivere estati con settimane e giornate considerate, le ‘più calde mai registrate’, una dopo l’altra. Vogliamo davvero ‘cuocere’ il pianeta per soddisfare il nostro appetito per la carne a basso costo?

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Fonte: CIWF Italia

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