È uno dei detergenti per la casa più noti al mondo. Molto probabilmente lo usavano i nostri nonni e genitori e anche noi lo usiamo per le pulizie domestiche. Ma è anche tristemente noto per un altro motivo: i flaconi di questo prodotto hanno invaso le nostre spiagge.
Quando si affronta la questione dei rifiuti sulle spiagge vengono subito in mente cicche di sigaretta, bottiglie e buste di plastica. Purtroppo, però, non sono affatto gli unici. Passeggiando sui litorali italiani ci si può imbattere in oggetti di ogni sorta, molti dei quali prodotti in epoche lontane. Qualche esempio? I flaconi del celebre detersivo CIF per la pulizia della casa rientrano fra i rifiuti rinvenuti più spesso, come mostrato in un video pubblicato sulla pagina Facebook dell’interessante progetto Archeoplastica, di cui vi abbiamo parlato in vari articoli.
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Nel filmato si vede un tappeto di contenitori bianchi con il logo e le scritte sui toni del verde. Apparentemente sembrerebbero praticamente uguali, ma osservandoli con più attenzione ci si accorge che appartengono a periodi storici diversi.
Come spiega Enzo Suma, che ha dato vita all’orginale museo virtuale dei rifuti spiaggiati, quelli con il tappo a punta risalgono agli anni ’70 (compaiono infatti in uno spot del ’75), mentre i flaconi con il tappo a cilindro erano in circolazione negli anni ’80.
“Abbiamo persino trovato dei campioncini omaggio, evidentemente risalenti all’anno in cui è stato lanciato in Italia. Sopra si legge ‘novità per lei’, il riferimento alle donne per i prodotti legati alla pulizia della casa è un classico degli anni passati” commenta Suma.
Tra i reperti ritrovati spiccano anche un flacone con scritta in lingua greca e uno in lingua francese. Un altro che si differenzia è la versione gialla “freschezza al limone”, messo in commercio negli anni ’80.
È impressionante constatare come, nonostante il passare dei decenni, le confezioni sono rimaste praticamente intatte, a parte per qualche graffio e scoloritura. Questa è l’ennesima conferma dell’impatto a lungo termine della pericolosa plastica.
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Fonte: Archeoplastica
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