A livello mondiale, il settore degli agrumi sta affrontando una crisi senza precedenti che porta ad aumento dei prezzi del succo d'arancia. Ma rischiamo davvero di non trovarlo al supermercato questa estate?
L’estate è ormai alla porte e insieme all’aumento delle temperature potremmo assistere anche ad un ulteriore aumento dei prezzi. Ci riferiamo in questo caso a quello del succo di arancia, uno sgradito effetto collaterale dovuto ad una combinazione di fattori di cui già più volte abbiamo parlato riguardo ad altri prodotti.
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Si tratta non solo di cattivi raccolti, dovuti a lunghi periodi di siccità e più in generale ai cambiamenti climatici che hanno portato ad un aumentato verificarsi di condizioni meteorologiche estreme, ma anche di rincari energetici e delle materie prime.
Una storia che si ripete, insomma, per diverse referenze e non solo in Italia. Nel caso delle arance, l’origine del problema proviene dai raccolti disastrosi negli Stati Uniti, in particolare in Florida, il secondo produttore mondiale dopo il Brasile.
Qui oltre agli uragani, a distruggere le coltivazioni di arance ci ha pensato la malattia del “drago giallo”, causata dalla psilla, contro la quale non esiste cura. Quando questo insetto attacca gli alberi di arancio, le foglie appassiscono, i frutti diventano acidi e la pianta nel giro di pochi anni rischia di morire.
Negli Stati Uniti, i coltivatori parlano di un raccolto che è il più basso in quasi 80 anni.
Ma per il succo d’arancia, come spiega il mensile dei consumatori francesi 60 Millions de Consommateurs, vi è anche un problema di speculazioni finanziarie a livello globale.
Gli investitori, consapevoli della minore offerta di arance sul mercato, hanno iniziato a speculare, cercando di trarre profitto dalla situazione. Questo ha ulteriormente spinto i prezzi del succo di arancia verso l’alto.
Alla Borsa di Chicago, dove sono quotati, i succhi congelati e concentrati d’arancia sono passati da 1,50 dollari la libbra nel luglio 2022 a 2,83 dollari nell’aprile 2023, con un aumento di quasi il 90%.
Tra l’altro, anche la produzione messicana quest’anno è diminuita del 30% a causa della siccità e lo stesso problema si è verificato in Spagna. Di conseguenza, il succo concentrato è diventato più raro e costoso e questo potrebbe portare, almeno in teoria, ad una carenza di prodotti nei supermercati.
E in Italia?
In Italia abbiamo la nostra produzione di arance locali ma questa non basta per tutti i succhi industriali venduti nel nostro Paese. Di conseguenza, il crollo della produzione statunitense – e più in generale estera – potrebbe farsi sentire anche in Italia.
L’eventuale aumento (ulteriore) del prezzo del succo d’arancia potrebbe avere un impatto significativo sui consumatori, comportando un calo negli acquisti.
Non riteniamo però che nel nostro Paese si possa davvero verificare una carenza di questo prodotto, considerando anche che rispetto agli Stati Uniti (e ad altre Nazioni) lo utilizziamo molto meno.
Vi ricordiamo infine che un test dello scorso anno aveva messo in luce alcuni aspetti poco noti dei succhi di arancia, come il fatto che la qualità e le condizioni dei lavoratori non sono sempre buone. Leggi anche: Succhi d’arancia dal sapore amaro: il lato oscuro delle “nostre” spremute confeziona
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Fonte: 60 Millions de Consommateurs
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