El Niño, aumento della temperatura, carenza di cibo. Le morti di massa di uccelli in Messico dipende quasi sicuramente dal riscaldamento delle acque oceaniche
È di nuovo strage di uccelli in Messico. Dopo la morte di centinaia di uccelli nella città di Cuauhtémoc nel 2022, lo stesso sembra ripetersi in queste ore.
Circa 300 uccelli selvatici di varie specie (ma secondo l’agenzia messicana per l’agricoltura oltre il 90% degli animali colpiti sono berte dal dorso grigio – Ardenna grisea) sono stati infatti trovati morti lungo le coste degli stati occidentali del Messico di Chiapas, Oaxaca, Guerrero, Michoacan, Jalisco, Sonora e Baja California Sur. Un fatto che segue eventi simili registrati anche in Perù e in Cile. Centinaia di uccelli morti anche nei giardini o sui tetti delle case, in scene davvero raccapriccianti.
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Una terribile conseguenza di un “riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico” dovuto all’arrivo de El Nino, ne son convinti gli esperti. Dopo le analisi del caso, infatti, i ministeri messicani dell’Agricoltura e dell’Ambiente hanno “escluso la presenza” del virus AH5N1, responsabile dell’influenza aviaria, e hanno stabilito che gli uccelli sarebbero morti per mancanza di cibo.
Secondo le autorità locali, il riscaldamento della superficie del Pacifico sta facendo affondare i pesci in profondità, impedendo agli uccelli di cacciarli. Da qui deriva la carenza di cibo e la loro conseguente morte per denutrizione. Le berte grigie, infatti, vivono abitualmente in alto mare e si riproducono sulle isole, raggiungono raramente la superficie continentale, possono volare fino a 500 chilometri al giorno, per i quali necessitano di elevate quantità di cibo. In questo periodo non riescono a trovare sulla superficie del mare abbastanza pesce di mare per coprire il loro fabbisogno energetico, ragione per cui gli uccelli muoiono.
Le morie si sono registrate lungo la spiaggia La Ropa, nello Stato di Guerrero, regione di Costa Grande.
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Fonti: Senasica – Sanidad, Inocuidad y Calidad Agroalimentaria / Reuters
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