L'Associazione nazionale conservieri ittici (Ancit) si mostra preoccupata della situazione che sta vivendo il settore del tonno in scatola. Le conserve di tonno infatti, tra rincari e inflazione, hanno già visto un calo di quasi l'8% rispetto al 2021
Anche il settore del tonno in scatola, apparentemente uno dei più fiorenti e intramontabili, a causa dell’aumento dei costi e dell’inflazione sta vivendo un periodo difficile. A fare il punto sulla situazione è l’Associazione nazionale conservieri ittici (Ancit) che spiega come vi sia stato un calo della produzione, dovuto a diversi problemi.
Più nello specifico, secondo i dati Ancit, nel 2022 nel nostro Paese sono state prodotte 77.411 tonnellate di tonno in scatola, con una diminuzione rispetto alla produzione 2021 del -7,7%.
A cosa è dovuto questo calo produttivo? Indubbiamente l’aumento dei costi di produzione e l’inflazione hanno giocato un ruolo fondamentale.
Pensiamo al ricaro dei materiali di imballaggio come lattine e vasetti di vetro ma anche alle spese per l’energia elettrica (i tonni vengono refrigerati e lavorati con macchinari elettrici) e, non in ultimo, il costo maggiore dell’olio di oliva che viene utilizzato per le conserve.
C’è poi il costo aumentato della materia prima stessa, ovvero il tonno, le cui quotazioni sono cresciute anche del 30%, sempre a causa dei rincari che subiscono in questo caso le navi da pesca.
Come ha spiegato Simone Legnani, presidente di Ancit:
Il panorama produttivo è diversificato e, solo per il tonno all’olio d’oliva i costi di produzione sono aumentati mediamente del 20-30%; di questi, solo la metà è stata assorbita dalla Gdo con relativa contrattazione, la restante parte è stata assorbita dalle aziende. E purtroppo, l’incremento di alcune materie prime, in particolare dell’olio, lascia presumere che la situazione si accentuerà ulteriormente.
C’è quindi preoccupazione per un possibile ulteriore peggioramento della situazione del tonno in scatola che rimane comunque a bilancio positivo rispetto al pre-Covid, ricordiamo infatti che con la pandemia vi è stata la tendenza a fare scorta e di conseguenza si è registrato un vero e proprio boom dei consumi di conserve.
I problemi attuali, però, non fanno prevedere un’eventuale carenza di tonno al supermercato, ricordiamo infatti che il nostro Paese, nonostante le difficoltà, continua ad essere il secondo produttore europeo di tonno in scatola dopo la Spagna.
Semmai quello a cui potremmo assistere è un ulteriore aumento dei costi, scaricato magari stavolta almeno in parte sul consumatore finale. I produttori, in realtà, stanno cercando di trovare altre strade, hanno chiesto ad esempio aiuti da parte delle istituzioni.
Come ha dichiarato Giovanni Battista Valsecchi, vicepresidente dell’Ancit:
L’industria delle conserve ittiche viene considerata come parte di quella primaria del settore della pesca e quindi, a fronte della crisi determinata prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina, ha ricevuto aiuti di Stato molto inferiori ai ristori dati ad altri settori manifatturieri.
In pratica, il comparto del pesce in scatola chiede di poter beneficiare degli aiuti previsti per altri settori che hanno dovuto far fronte ai rincari, come ad esempio gli agricoltori che producono le passate di pomodoro.
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Fonte: Ancit
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