I pannelli solari e le turbine eoliche (e tutte le rinnovabili) sono la chiave per uscire dalla crisi ambientale ed energetica, ma stanno anche per generare tonnellate di rifiuti. Ma sì, si possono riciclare e questo sta per diventare un (buon) business
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Non tutti i business vengono per nuocere, potremmo dire: a breve ci saranno tonnellate di rifiuti tecnologici, soprattutto da pannelli solari e turbine eoliche e fine vita. Che sì, si possono e si devono riciclare, per evitare di annullare gli sforzi per salvaguardare l’ambiente.
I dati al momento sono allarmanti: una turbina eolica infatti è riciclabile, dalla torre in acciaio alle pale, tipicamente lunghe circa 50 metri, ma la maggior parte finisce per essere gettata via, un totale di rifiuti che raggiungerà una massa cumulativa di 2,2 milioni di tonnellate entro il 2050.
Analogamente, anche circa il 90% dei pannelli solari fuori uso o difettosi finisce in discarica, soprattutto perché costa molto meno gettarli che riciclarli.
Abbiamo svolto un lavoro fenomenale per rendere il solare efficiente ed economico – commenta a CNBC Suvi Sharma, CEO di Solarcycle – ma in realtà non abbiamo ancora fatto nulla per renderlo circolare affrontando la fine del suo ciclo di vita
Se continuiamo in questa direzione, tutti gli sforzi per ridurre l’impatto ambientale delle nostre tecnologie energetiche saranno soffocati da tonnellate e tonnellate di rifiuti.
Ma fortunatamente esistono dei business “buoni”.
I pannelli solari
La durata media di un pannello solare è di circa 25-30 anni, e ce ne sono già più di 500 milioni già installati solo negli USA, da una dozzina sul tetto di una casa residenziale a migliaia in un’impresa commerciale. Tra il 2030 e il 2060, quindi, si prevedono 9,8 milioni di tonnellate di rifiuti di pannelli solari, secondo uno studio del 2019 pubblicato su Renewable Energy.
Di contro però, il mercato dei pannelli fotovoltaici a fine vita sfiorerà i 3 miliardi di euro nel 2030: una più recente analisi di Rystad Energy (2022) mostra come il riciclo e in generale l’economia circolare non siano solo doveri ambientali, ma opportunità economiche, che soprattutto in questo momento, andrebbero colte.
Leggi anche: Il mercato dei pannelli fotovoltaici a fine vita sfiorerà i 3 miliardi di euro nel 2030
Le turbine eoliche
Per quanto riguarda l’eolico, la durata di vita di una turbina è di circa 20 anni e la maggior parte di quelle dismesse attualmente sono in discarica. E persino il loro trasporto è un problema, viste le dimensioni.
Per questo, come riporta CNBC, gli stessi produttori di turbine eoliche, negli USA, stanno stipulando contratti con i partner di riciclo: a dicembre 2020, per esempio, l’unità Renewable Energy di General Electric ha firmato un accordo pluriennale con Veolia North America, con sede a Boston, per riciclare le pale dismesse dalle turbine.
L’azienda di riciclo trasforma infatti lame triturate e altri materiali compositi in un combustibile che poi vende ai produttori di cemento in sostituzione di carbone, sabbia e argilla e il processo riduce le emissioni di anidride carbonica del 27% e il consumo di acqua del 13% nella produzione di cemento.
Le batterie
Altro problema, anzi, opportunità da cogliere, è costituito dalle batterie: quelle agli ioni di litio sono in uso dall’inizio degli anni ’90, inizialmente alimentando laptop, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici di consumo e negli ultimi due decenni anche veicoli elettrici e sistemi di accumulo di energia (anche per le tecnologie energetiche che usano fonti rinnovabili).
Il riciclo dei loro elementi (es. cobalto, nichel, rame) si concentra sui veicoli elettrici, soprattutto perché le case automobilistiche aumentano la produzione. Ma le batterie dei veicoli elettrici di oggi hanno una durata di 10-20 anni, o 100.000-200.000 miglia, quindi per il momento i riciclatori trattano principalmente i rottami dei produttori di batterie.
Ma anche per questo le idee e i primi esperimenti di successo non mancano: ad esempio la Jaguar Land Rover sta riciclando le batterie esauste delle auto elettriche per produrre accumulatori solari domestici, con la collaborazione dell’azienda italiana Pramac.
La compagnia canadese Li-Cycle, invece, ha sviluppato una tecnologia in due fasi che scompone le batterie e i rottami in materiali inerti e poi li tritura, utilizzando un processo idrometallurgico, per produrre minerali poi rivenduti nella catena di approvvigionamento manifatturiera generale.
Non tutti i business vengono per nuocere (e andrebbero incentivati).
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