La Biblioteca Manfrediana di Faenza è diventata simbolo del patrimonio culturale e librario andato perduto per via dell’alluvione in Emilia Romagna
![Biblioteca distrutta](https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2023/05/Biblioteca-distrutta-1.jpg)
@Faenzawebtv/Facebook @Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza/Facebook
Quelle che ci arrivano dall’Emilia Romagna sono immagini che fanno male al cuore. Case, negozi, campi, tutto sommerso da centinaia di migliaia di metri cubi di acqua e fango. E adesso inizia la conta dei danni. Coinvolto, purtroppo, è anche il nostro patrimonio artistico e librario di grande pregio.
Con il tempo si stilerà l’elenco dei luoghi più colpiti, ma in questi giorni ce n’è uno in particolare che si è eretto, suo malgrado, a simbolo di tutti questi. È la Biblioteca Manfrediana di Faenza, in provincia di Ravenna, diventato l’emblema della furia di questo disastro immane causato da cambiamenti climatici.
https://www.facebook.com/manfrediana/posts/590174723213126
I libri per ragazzi e i testi di letteratura hanno pagato il prezzo più alto
Questo luogo custode della nostra letteratura e della nostra poesia è purtroppo l’esempio principe dell’inferno di acqua e fango che ha ricoperto l’Emilia Romagna. Ed insieme è anche un grande esempio di resilienza. Ma iniziamo dal primo punto: l’inferno, citando proprio Dante.
Le foto degli interni dei piani bassi della Biblioteca Manfrediana sono impietose. Ci sono libri sparsi ovunque sul pavimento, strappati giù dagli scaffali e trascinati dalla forza dell’acqua del fiume Lamone che ha inondato i seminterrati e i locali del piano terra superando il metro di altezza.
A pagare il prezzo più alto sono stati i volumi per ragazzi e i testi di letteratura, per via della loro collocazione. Una scelta risultata fatale, ma che rispondeva alla frequenza di consultazione. Erano i più sfogliati, i più amati e ora non ci sono più.
https://www.facebook.com/manfrediana/posts/592583369638928
Stimare la portata dei danni al momento è difficile, ma si parla di circa 35.000 libri andati distrutti. Uno strazio per chi ama la lettura e non solo. Si sono salvati i libri più antichi, una consolazione molto magra e molto amara, ma che comunque un po’ risolleva.
L’appello a donare e le prime risposte di giornalisti, colleghi ed editori
Ma c’è anche il secondo punto: la resilienza. Ci sono infatti le foto successive, quelle comparse sulla pagina Facebook della Biblioteca Manfrediana di Faenza. C’è già chi si è messo in moto e ha provato ad aiutare, a rimettere in ordine, a salvare il salvabile. Parliamo di cittadini, amici, volontari, che stanno cercando di dare una mano per ripulire i libri, per quanto possibile.
https://www.facebook.com/manfrediana/posts/591352633095335
E poi ci sono i giornalisti, i colleghi, gli editori, che hanno promesso alla biblioteca nuovi volumi, donati per cercare di ricominciare. A loro volta, in una sorta di reazione a catena, questi stanno cercando di dar vita ad un passaparola, incoraggiando altri a donare per far rivivere la Manfrediana.
https://www.facebook.com/manfrediana/posts/592494502981148
Come detto, quella di Faenza non è l’unica biblioteca colpita. Per quanti danni ha subìto, è diventata un simbolo della fragilità del nostro territorio, dell’incuria che per anni tanti, troppi governi e amministrazioni hanno avuto e dell’ostinarsi di tanti a negare i cambiamenti climatici in atto.
Tuttavia, con lei ci sono anche, tra gli altri, il deposito della biblioteca di Forlì, le Biblioteche di Sant’Agata sul Santerno e Solarolo. Un patrimonio di incommensurabile valore, che la mano dell’uomo ha distrutto e che ora si spera che la mano dell’uomo contribuisca, in parte, a ricostruire.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Ti potrebbe interessare anche:
- Il potere della musica: Rosy Velasco, cantante dei Bandiera Gialla, fa risuonare “Romagna Mia” nelle strade piene di fango
- La strage degli animali annegati negli allevamenti dell’Emilia Romagna, vittime innocenti di cui nessuno parla
- La coop di braccianti che ha scelto di allagare volontariamente i suoi campi (sacrificando la produzione) per salvare Ravenna