L'Italia continua ad essere fortemente contraria all'adozione del Nutri-score, l'etichetta a semaforo già adottata in Francia e in altri Paesi. Il motivo è che penalizza i prodotti "made in Italy" ma in ballo ci sono anche gli interessi delle lobby alimentari. Dell'argomento si è parlato anche nell'ultima puntata di Report su Rai 3
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Si torna a parlare di Nutriscore, l’etichetta alimentare a semaforo nata in Francia e contestatissima in Italia. L’occasione è data da un nuovo servizio di Report, andato in onda ieri su Rai 3 e intitolato “la guerra delle etichette“, che ha messo l’accento su alcuni retroscena interessanti della questione.
Anche noi di greenMe già da tempo ci occupiamo della nuova etichetta alimentare, non solo parlando di come funziona e della classificazione degli alimenti, ma anche aggiornandovi sulle ultime decisioni in merito da parte dell’Europa.
Vediamo allora di fare il punto della situazione ad oggi.
Nutriscore, come funziona?
Per chi ancora non lo conoscesse, il Nutriscore è un’etichetta alimentare elaborata in Francia e validata scientificamente. Si basa su un algoritmo e funziona come un semaforo composto da 5 lettere (dalla A alla E) e 5 colori (dal verde scuro al rosso), che indicano con un’unica valutazione quanto quell’alimento sia sano.
La A verde è il punteggio massimo che può ottenere un prodotto (ad esempio l’acqua) mentre la E rossa segnala i prodotti con ingredienti meno sani.
Il giudizio tiene conto del contenuto in zuccheri, sale, grassi saturi (sostanze la cui presenza viene penalizzata) o al contrario di frutta, legumi e altre sostanze benefiche (che fanno alzare il punteggio).
Leggi anche: Nutri-Score: sempre più vicina l’adozione nell’Ue dell’etichetta a semaforo che penalizza i prodotti italiani
L’obiettivo è ovviamente aiutare i consumatori a fare acquisti consapevoli, limitando il consumo di alimenti che potrebbero essere nocivi per la salute e che quindi andrebbero limitati all’interno di una dieta sana.
Particolarmente spalleggiato dall’OMS e dall’Europa che intende estenderlo a tutti i Paesi membri (in Francia e Belgio è già utilizzato), il Nutriscore è però fortemente osteggiato dall’Italia che fin da subito si è mostrata contraria all’introduzione di questa etichetta che tende a penalizzare troppo i prodotti “made in Italy”.
La possibilità che venga dato il via libera al Nutriscore nell’Ue ha messo sul piede di guerra gli industriali italiani. C’è infatti un grosso giro di affari delle aziende che viene messo in pericolo da un’etichetta come questa.
Quali sono esempi di cibi con il Nutriscore?
Tra i prodotti “verdi” ci sono la pasta, i legumi e il pane ma salumi, formaggi e merendine, ad esempio, hanno il bollino arancione.
La mozzarella, qualche biscotto e alcuni succhi di frutta raggiungono invece solo il colore giallo.
Ma come sottolinea Report, guai a dare un bollino rosso a qualche alimento perché subito insorgono le lobby alimentari. Ad esempio, come potete vedere nell’immagine di copertina, se venisse applicato il Nutri-score in Italia, molti prodotti della Ferrero avrebbero in etichetta in bella vista una E (la Ferrero non a caso è contraria alla sua adozione).
Come ha spiegato l’ideatore del Nutri-score Serge Hercberg, professore emerito di nutrizione all’Università Sorbona Parigi Nord:
anche in Francia la lobby dei produttori rifiutava il Nutri-score per difendere i propri interessi, e spesso era appoggiata dai politici. Ma di fronte alle evidenze scientifiche, nel 2017 l’etichetta con il semaforo è stata introdotta in Francia, anche se in modo volontario. Difatti ancora oggi alcune multinazionali come Ferrero, Lactalis, Coca Cola continuano a rifiutarlo.
Il fatto da considerare è proprio che il Nutri-score si basa su evidenze scientifiche ma il governo italiano continua a considerarlo un pessimo strumento perché, per dirla con le parole del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: “non serve ad informare, serve a condizionare“.
Cosa c’entrano il parmigiano e la Coca Cola con il Nutriscore?
Sul nuovo algoritmo del Nutriscore che valuta le bevande c’è stata particolare polemica negli ultimi tempi, in quanto bibite gassate come la Coca Cola zero sono state classificate al pari del latte (entrambe con una C) ma è evidente che i due prodotti non sono paragonabili.
Leggi anche: Il latte intero è come la Coca Cola Zero, secondo il nuovo algoritmo del Nutri-Score
Anche i formaggi Dop rischiano grosso nel caso venisse adottato il Nutriscore. Si teme un crollo nei consumi di molti formaggi classificati con colore arancione e la lettera D tra cui parmigiano e grana padano.
A rischiare di scomparire vi sono anche alcuni piatti tipici della tradizione italiana come la pasta cacio e pepe. Leggi anche: Nutri-Score: i 10 piatti tipici della gastronomia italiana che rischiano di scomparire con l’etichetta “a semaforo”
Fanno molto discutere anche le etichette degli oli vegetali, come ha ricordato nel servizio di Report Emanuele Marconi, Direttore Crea – consiglio per la ricerca in agricoltura:
Un olio extravergine di oliva è paragonato ad un olio di colza, ad un olio di girasole alto oleoico, oli raffinati.
Ma l’algoritmo viene aggiornato periodicamente dal gruppo di scienziati provenienti dai Paesi che hanno dato il via libera all’etichetta, apportando migliorie costanti al sistema di valutazione degli alimenti. Questo avviene, come ha spiegato Laurence Doughan, del comitato direttivo governance Nutri-score del Belgio, quando ad esempio vengono pubblicati nuovi studi “rivelazione” nel campo della nutrizione. L’esperta ricorda anche che, considerati i suoi benefici, l’olio di oliva è passato da D a C e ora diventerà B.
Nutriscore, qual è la posizione dell’Italia?
La battaglia contro il Nutri-score nel nostro Paese continua ed è trasversale. Si parla di difesa del “made in Italy” ma dietro a questa “bandiera” vi sono indubbiamente (anche) gli interessi dei produttori.
L’Italia propone come alternativa il NutrInform Battery, un’etichetta che spiega la composizione nutrizionale attraverso 17 diversi numeri e percentuali. Ne abbiamo parlato nel seguente articolo: Etichette alimentari, via libera al sistema italiano “a batteria” invece del semaforo francese. Tutelate le eccellenze made in Italy
L’etichetta italiana però, fa notare Report, non è realizzata da scienziati indipendenti, come è avvenuto in Francia per il Nutri-score, ma sotto l’egida di Federalimentare che raggruppa tutte le aziende del settore alimentare. Dietro ci sono solo 3 studi italiani che valutano la percezione soggettiva del consumatore, di cui 2 sono stati finanziati da Federalimentare.
L’etichetta a batteria che contiene molte più informazioni è presente già in alcuni prodotti Ferrero e Barilla ma i consumatori intervistati dai giornalisti di Report hanno segnalato come più immediatamente chiara e comprensibile a primo impatto l’etichetta a semaforo, ovvero il tanto contestato Nutri-score.
Conclusioni
Quello delle etichette alimentari è un argomento indubbiamente spinoso e non abbiamo una risposta univoca per poter validare un metodo piuttosto che un altro e forse la verità sta nel mezzo. Vi abbiamo parlato ad esempio di uno studio che ha svelato alcuni lati oscuri del Nutriscore. Leggi anche: Nutri-score, un’indagine indipendente svela i lati oscuri dell’etichetta “a semaforo” sui prodotti alimentari
Sta di fatto che i consumatori, al di là di Nutri-score o Nutrinform battery, dovrebbero essere in grado di leggere un’etichetta alimentare per capire cosa acquistare, cosa lasciare eventualmente sugli scaffali o comunque portare in tavola magari consumandola con estrema moderazione.
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Fonte: Report
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