Le onde di Kelvin segnano il ritorno di El Niño, l’Europa fra le aree più a rischio ondate di calore

L'oceano Pacifico si sta riscaldando sempre di più. Prepariamoci: i prossimi mesi segneranno il ritorno di El Niño, che porterà con sé ondate di caldo senza precedenti entro il 2023

Ci siamo quasi. Il temuto El Niño, che porterà ondate di caldo record, sta per tornare. Le prime avvisaglie arrivano dalle acque oceaniche, monitorate dal satellite Sentinel-6 Michael Freilich. A indicarlo sono le cosiddette onde di Kelvin, precursori del fenomeno climatico, che si stanno muovendo attraverso il Pacifico equatoriale verso la costa del Sud America, come riportato dagli esperti della Nasa.

“Quando si formano all’equatore, le onde di Kelvin portano acqua calda, che è associata a livelli del mare più elevati, dal Pacifico occidentale al Pacifico orientale” spiegano.

El Niño

@NASA

È ancora presto per dire quando avverrà il ritorno di El Niño, ma secondo gli scienziati è abbastanza certo che questo fenomeno climatico periodico (che provoca appunto un forte riscaldamento delle acque) opposto a La Niña porterà ad un aumento delle temperature “fuori dal grafico” con ondate di calore mai viste anche in Europa, segnando il superamento dei 1,5°C di riscaldamento globale

Guarderemo questo El Niño come un falco – commenta Josh Willis, scienziato del progetto Sentinel-6 Michael Freilich presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA. – Se dovesse essere di grande portata, il globo vedrà un riscaldamento record, ma qui nel Sud-Ovest degli Stati Uniti potremmo assistere a un altro inverno umido, sulla scia dello scorso inverno.

Leggi anche: Il 2023 potrebbe essere uno degli anni più caldi mai registrati (El Niño sta per tornare)

Le aree del mondo più esposte al caldo record

El Niño potrebbe dare il colpo di grazia a Paesi che sono già alle prese con temperature particolarmente elevate e sfide come quelle della siccità. Ma quali sono le aree del Pianeta maggiormente esposte alle conseguenze più drammatiche delle ondate di calore?

A individuarle è una recente ricerca condotta dall’Università di Bristol e pubblicata su Nature Communications. Tra quelle zone maggiormente troviamo spiccano l’America centrale e Paesi come Papua Nuova Guinea e l’Afghanistan. Inoltre, fra i “punti caldi” spiccano l’Europa centrale e la Cina, in particolare Pechino.

ondate calore

@University of Bristol/Nature Communications

A preoccupare gli esperti non sono soltanto gli effetti sugli ecosistemi, ma il fatto che utte queste zone sono caratterizzate da un’alta densità di popolazione.

“In alcune regioni, come l’Afghanistan e parti dell’America centrale, questo è un problema particolare: non solo hanno il potenziale per ondate di calore molto più estreme di quelle sperimentate, ma la loro popolazione è in crescita e sempre più esposta a causa delle limitate risorse sanitarie ed energetiche” evidenziano i ricercatori dell’Università di Bristol.

Dallo studio emerge che, nonostante i continui monitoraggi da parte di scienziati, le ondate di calore stanno colpendo in maniera sempre più imprevedibile, mietendo anche diverse vittime nelle parti del Pianeta che fino a qualche tempo fa non erano interessate da picchi di calore così elevati. E nella maggior parte dei casi le istituzioni non stanno facendo abbastanza per farsi trovare preparati a tutto questo.

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Fonti: Nasa/Nature 

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