La biodiversità in Italia è in agonia: il 68% dei nostri ecosistemi è in pericolo mentre il 30% delle specie di vertebrati e il 25% delle specie animali marine rischiano l’estinzione. I dati shock dell’ultimo report di WWF Italia fanno davvero paura
Il 68% degli ecosistemi italiani in pericolo, il 35% in pericolo critico, il 30% delle specie di vertebrati e il 25% delle specie animali marine rischiano l’estinzione. Non sono le proiezioni di un film di fantascienza catastrofista, è la triste realtà in cui versa la biodiversità del nostro Paese. I dati shock dell’ultimo report di WWF Italia fanno davvero paura.
La situazione degli ecosistemi nel mondo può essere definita catastrofe senza temere di essere troppo allarmisti: gli scienziati hanno calcolato che l’uomo ha accelerato tra le 100 e le 1.000 volte il tasso di estinzione naturale delle specie, avviando la sesta estinzione di massa.
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Abbiamo solo il 12,5% della foresta atlantica, meno del 50% delle barriere coralline e meno dell’80% della foresta amazzonica, il nostro polmone verde ormai malato di enfisema gravissimo.
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E no, in Italia non va affatto tutto bene: il 68% degli ecosistemi italiani in pericolo, il 35% in pericolo critico, il 30% delle specie di vertebrati e il 25% delle specie animali marine rischiano l’estinzione. E a questo sommiamo un triste 89% degli habitat di interesse comunitario in uno stato di conservazione sfavorevole.
Questa crisi di natura è evidente anche in Italia, dove la biodiversità raggiunge valori elevatissimi (contiamo metà delle specie vegetali e circa 1/3 di tutte le specie animali presenti in Europa), ma che con cieca determinazione stiamo erodendo e distruggendo, mettendo a rischio la nostra stessa sicurezza e il nostro benessere
tuonano gli esperti del WWF Italia
Il report ‘Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive’ (presentato oggi 12 maggio a Caserta) dipinge uno stato complessivo disastroso della biodiversità in Italia, evidenziando le minacce ma anche le migliori soluzioni che oggi abbiamo a disposizione per invertire una rotta che sta andando dritta e rapida verso il baratro.
Ma perché siamo arrivati a questo punto?
Sicuramente un fattore importante alla base di questo declino di biodiversità è il cambiamento climatico, che influenza la vita delle specie attraverso fenomeni come l’aumento della temperatura e la riduzione delle precipitazioni. Purtroppo vediamo ormai sempre più spesso piogge torrenziali, causa di frane, e alluvioni disastrose.
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La crisi climatica poi provoca l’innalzamento del livello del mare, un ulteriore enorme problema.
Sono 21.500 i km quadrati di suolo italiano cementificato – scrivono gli esperti – mentre si calcolano oltre 1.150 km2 di suolo consumati in 15 anni, una superficie quasi corrispondente a quella di una città come Roma, mentre nel Mediterraneo le temperature stanno aumentando il 20% più velocemente rispetto alla media globale
Tutto questo favorisce da un lato la perdita di specie che non riescono a adattarsi a questi cambiamenti, ma anche l’arrivo di altre, specie aliene invasive, identificate da alcuni studi come la seconda principale minaccia alla biodiversità globale, che ha contribuito in modo determinate al 54% delle estinzioni delle specie animali conosciute, tramite predazione su specie autoctone o competizione per le risorse (es. cibo, luoghi di riproduzione).
Ecco, attualmente, si stima che in Italia ci siano intorno a 3.000 specie aliene, con un incremento del 96% negli ultimi 30 anni.
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E non finisce qui, perché l’uomo esercita poi pressioni dirette su specie, habitat ed ecosistemi, continuando a chiedere risorse naturali, e mettendo in atto una deleteria governance ambientale, inadeguata, ostacolata da investimenti limitati, ma soprattutto quasi indifferente alla tutela della biodiversità, alle comunità più deboli ed esposte e alle generazioni future (basti pensare ai disastri sulla risorsa idrica).
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La perdita di natura non rappresenta solo una minaccia di per sé, ma mette a rischio sistemi che ci garantiscono la vita, primo fra tutti quello che regge l’equilibrio della crisi idrica. A causa del riscaldamento globale in atto, la disponibilità media annua di acqua si potrebbe ridurre da un minimo del 10% entro il 2030 ad un massimo del 40% entro il 2100, con picchi fino al 90% per l’Italia meridionale
Cosa possiamo fare?
“Bisogna intervenire in maniera concreta mettendo immediatamente in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030, che prevede che almeno il 30% delle specie e degli habitat di interesse comunitario il cui stato di conservazione non è soddisfacente, lo raggiungano entro il 2030”.
La strategia prevede anche l’incremento della superficie protetta al 30% del territorio terrestre e marino e il ripristino del 30%% degli ecosistemi attualmente degradati. Ma al prevedere deve seguire il fare.
Oggi più che mai è importantissima l’attivazione di tutti, a partire dalla società civile, per strappare la crisi dei sistemi naturali da quel cono d’ombra che impedisce ai cittadini di capire la portata di quello che sta succedendo e alle istituzioni di agire riconoscendo alla natura la priorità che ha, di fatto, nel presente e nel futuro
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Fonte: WWF Italia
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