La diagnosi precoce delle malattie neurodegenerative è l'unica possibilità per i trattamenti clinici di dimostrare la loro efficacia
Per malattie neurodegenerative come la demenza o l’Alzheimer, la diagnosi precoce è essenziale per rallentarne il decorso. Purtroppo però, spesso essa avviene quando i sintomi sono già manifesti e lo stadio della malattia è già avanzato.
Ma qualcosa sta cambiando: ricercatori di tutto il mondo stanno cercando e trovando modi per diagnosticare precocemente queste malattie, prima che sia troppo tardi e che i sintomi siano già gravi.
Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Karolinska Institutet di Solna, in Svezia, si muove proprio in questa direzione: è stato dimostrato che un particolare tipo di molecola di zucchero, presente nel sangue, è associato al livello di tau, una proteina che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo della demenza grave.
Il ruolo dei glicani, strutture costituite da molecole di zucchero, è un campo relativamente inesplorato nella ricerca sulla demenza – ha spiegato il professor Robin Zhou, fra gli autori dello studio. – Abbiamo dimostrato, invece, che i livelli ematici di glicani vengono alterati precocemente durante lo sviluppo della malattia.
Lo studio
Nei pazienti affetti da Alzheimer o demenza, i neuroni del cervello vengono danneggiati in maniera irreparabile e muoiono. Finora si è ritenuto che questo fenomeno sia una conseguenza dell’accumulo anormale delle proteine amiloide-beta e tau.
Per essere efficaci, i trattamenti clinici contro queste malattie dovrebbero iniziare all’inizio del processo patologico, prima che troppi neuroni siano morti, per invertire il processo prima che sia troppo tardi.
Misurando i livelli di glicani nel sangue dei pazienti attraverso un semplice prelievo, i ricercatori svedesi hanno scoperto che gli individui con livelli corrispondenti di glicani e tau avevano una probabilità doppia di sviluppare la demenza o l’Alzheimer.
Un semplice modello statistico che tiene conto dei livelli di glicano e tau nel sangue, del gene di rischio APOE4 e di un test della memoria, può essere utilizzato per prevedere l’Alzheimer con un’affidabilità dell’80% quasi un decennio prima che compaiano sintomi evidenti, la perdita di memoria – spiegano gli autori dello studio.
Per giungere a questi risultati, i ricercatori si hanno seguito per 17 anni 233 partecipanti allo Swedish National Study on Aging and Care in Kungsholmen (SNAC-K).
Di tutti sono stati raccolto campioni di sangue tra il 2001 e il 2004, mentre follow-up ciclici sono stati effettuati ogni tre/sei anni per testare fattori quali perdita di memoria e svilupparsi della demenza.
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Fonti: Alzheimer’s & Dementia / Karolinska Institutet
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