Basta appelli per far cambiare idea alla mamma di Enea (anzi, chiediamoci perché è solo la terza a usare la Culla della vita)

Sui social e sui media si fa a gara per fare appelli alla mamma di Enea di tornare sui suoi passi, accusandola di averlo abbandonato. Non sarebbe meglio comprendere le sue ragioni ed elogiare la sua scelta coraggiosa (e dolorosa) di affidarlo alle cure dei medici e di un’altra famiglia?

È arrivato il momento di dire basta a questo vero e proprio accanimento contro la mamma del piccolo Enea, lasciato la mattina di Pasqua nella Culla per la vita del Policlinico di Milano. Il neonato sta bene ed è in buona salute, ma inspiegabilmente la donna che l’ha messo al mondo è finita al centro di una gogna mediatica.

Si è parlato di “neonato abbandonato”, ma vogliamo ricordare a tutti che non è affatto così. La Culla per la vita è attiva dal 2007 ed è pensata proprio per queste situazioni e per evitare l’abbandono dei nascituri, quello vero, quello che avviene nei cassonetti dell’immondizia e che spesso non lascia loro scampo.

Non sta a noi giudicare: la mamma di Enea lo ha protetto fino alla fine

Si tratta di un locale esterno alla Clinica Mangiagalli del capoluogo lombardo che consente di lasciare il bambino o la bambina in totale anonimato assicurandosi al tempo stesso una cura immediata e un’assistenza continua da parte dei medici e degli infermieri della Neonatologia.

Non un abbandono, dunque, ma una richiesta di aiuto da parte di una mamma che non può (non può e non “non vuole”) crescere il bimbo o la bimba che comunque ha deciso di portare in grembo per nove mesi e di far nascere, per non impedirgli/le la possibilità di venire al mondo e conoscere le sue bellezze.

I motivi possono essere i più disparati e non sta a noi giudicare. Possono essere – come trapela per il caso di Enea – problemi economici, un figlio non “accettato” dalla propria famiglia perché concepito “troppo giovane” o con la persona “sbagliata”, una gravidanza a seguito di un rapporto non consensuale o mille altri casi.

Ragioni personali che dovremmo comprendere, quindi, ed un gesto da elogiare invece che condannare. Meglio usare la Culla per la vita o abbandonarlo al freddo in qualche angolo sperduto di Milano con il rischio che non sopravviva? Per non parlare del giudizio che si subisce se si decide di abortire.

L’appello, molto criticato, di Ezio Greggio

Eppure gli appelli si sprecano, specialmente sui social, nel tentativo di “convincere” la mamma a ritornare sui suoi passi. Quello che ha fatto più scalpore è stato quello di Ezio Greggio, popolare conduttore televisivo e attore.

Su Instagram ha infatti postato un piccolo video in cui esorta la donna a tornare perché Elia è “un bambino fantastico” e che probabilmente ha solo contribuito a far star male ancora di più la sua mamma.

Greggio ha sostenuto come tanti siano pronti a darle una mano economicamente per aiutarla a crescere il bambino. Le ha persino promesso che “non sarà sola”. Ma ciò che più indigna sono le parole che ha usato il conduttore:

Prendi il tuo bambino che merita una mamma vera, non una mamma che dovrà occuparsene e che non è la mamma vera.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Ezio Greggio (@ezio_greggio)

Greggio, attaccato da più parti, ha poi provato a salvarsi in corner. Ha sostenuto in un post successivo come il suo non fosse un appello volto a:

far ripensare alla scelta di una madre che non voleva il proprio figlio, ma a una madre che probabilmente con l’aiuto di qualcuno che la aiutasse a superare le difficoltà economiche, o personali o familiari, non sentendosi più sola, potrebbe ripensare alla sua scelta e tenere il proprio bambino.

Inoltre ha precisato come non volesse fare:

nessuna polemica verso quelle fantastiche mamme e famiglie che adottano i bimbi abbandonati e che garantiscono loro amore e futuro come se fossero i veri genitori, anzi talvolta pure meglio.

Parole che però non bastano di fronte a quello che è sembrato uno schiaffo in faccia a tutte quelle mamme che, non potendo avere un figlio ma desiderando nel profondo del loro cuore una famiglia, scelgono di adottarne uno per dargli il futuro e l’amore che meritano, trattandolo come se fosse sangue del loro sangue.

Non ti sentire “sbagliata”

Lasciamo però ora da parte questa vera e propria caduta di stile a causa – si spera – di parole dette nella maniera sbagliata da una persona che da sempre si distingue per il suo impegno nella beneficienza anche per quanto riguarda i bambini nati prematuri, con la sua associazione.

Torniamo al fulcro di questo articolo: la mamma di Enea. Vogliamo dire a questa mamma che non si deve sentire “sbagliata” e sotto accusa per la sua scelta che, anzi, è stata coraggiosa e di cuore.

Una decisione senza dubbio straziante che l’avrà dilaniata nel profondo, ma comunque fatta con l’amore di una mamma verso il proprio figlio che non ha voluto mettere in pericolo e che ha voluto così proteggere.

Da questa storia dovremmo sicuramente tutti imparare un po’ di più il significato della parola “immedesimarsi” nelle problematiche e nei sentimenti degli altri, senza dire la nostra a tutti i costi.

E dovremmo riflettere, viste le parole forti che sono state spese sulla sua scelta, sul perché il piccolo Enea è solo il terzo bambino affidato alle cure della Culla della vita nei suoi 16 anni di esistenza, dopo Mario (nel 2012) e Giovanni (nel 2016), a fronte delle decine di bimbi abbandonati – quelli sì – ogni anno.

Una mamma posta davanti ad un bivio come quello di tenere con sé un neonato che non potrà accudire al meglio o darlo in adozione non può essere bistrattata in questo modo. Non stupiamoci, dunque, di come un’iniziativa così lodevole come quella della Culla della vita veda la sua culla vuota e invece i cassonetti così pieni.

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