Il Vaticano fa mea culpa sugli abusi contro gli indigeni: ripudiata la “dottrina della scoperta”

La scoperta di nuove terre da parte dei coloni concedeva loro il diritto esclusivo di estinguere il titolo o il possesso di quelle stesse terre da parte delle popolazioni indigene. Una sorta di usucapione ante litteram, che abbondava anche nelle bolle papali

Conquistavano terre abitate da popolazioni indigene e si arrogavano il diritto di sfruttarle, sottomettendo di fatto i nativi. Tutto in nome della cosiddetta “dottrina della scoperta”, di quell’insieme, cioè, di bolle e di atti papali risalenti al periodo coloniale con cui la Santa Sede permise l’esproprio delle terre dei nativi americani e l’assoggettamento dei popoli indigeni.

La scusa era un’opera di evangelizzazione, ma la sostanza era una costante sopraffazione condotta dai Paesi europei, giustificata da diversi documenti papali, come le Bolle Dum Diversas (1452), Romanus Pontifex (1455) e Inter Caetera (1493).

Ma ora il Vaticano ha pubblicato una nota congiunta con il dicastero per la Cultura e quello dello Sviluppo umano con la quale ha condannato quella ingannevole “dottrina della scoperta”.

Cosa accadeva

Nel XXVIII secolo i governi e i tribunali di alcuni Paesi europei che occupavano e sfruttavano vasti territori decero uso di vari documenti ufficiali emanati dal Vaticano per dimostrare che alla base di tutto ci sarebbe stato un diritto esclusivo dei “conquistatori” cattolici di acquistare o prendere possesso di quelle terre. In sostanza, le bolle furono inizialmente emesse per fornire ai regnanti di Portogallo e Spagna il sostegno religioso necessario ad espandersi in Africa e nelle Americhe.

La più importante di queste decisioni legali fu quella emanata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1823, secondo cui la proprietà e la sovranità sui territori precedentemente abitati dalle popolazioni indigene dovevano passare automaticamente agli europei grazie alla loro “scoperta”.

Nel comunicato, il Vaticano ha risposto almeno in parte alle richieste delle popolazioni indigene. Le bolle papali in questione non sono state annullate, ma il Dicastero lascia detto:

La “dottrina della scoperta” non fa parte dell’insegnamento della Chiesa cattolica. La ricerca storica dimostra chiaramente che i documenti papali in questione, scritti in un periodo storico specifico e legati a questioni politiche, non sono mai stati considerati espressioni della fede cattolica. Allo stesso tempo, la Chiesa riconosce che queste Bolle papali non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni. La Chiesa è anche consapevole del fatto che il contenuto di questi documenti è stato manipolato a fini politici dalle potenze coloniali in competizione tra loro, per giustificare atti immorali contro le popolazioni indigene, compiuti talvolta senza l’opposizione delle autorità ecclesiastiche. È giusto riconoscere questi errori, riconoscere i terribili effetti delle politiche di assimilazione e il dolore provato dalle popolazioni indigene, e chiedere perdono.

Già negli anni scorsi, Papa Francesco aveva mostrato di volersi riavvicinare alle popolazioni indigene, organizzando visite frequenti in America Latina, in Africa e in Asia per incontrarne i rappresentanti. Nel 2022 porse ufficialmente le scuse del Vaticano ai popoli indigeni del Canada per la lunga storia di abusi, molestie e morti avvenuti nei collegi per bambini indigeni.

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Fonti: Osservatore Romano / NCAI

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