Lombrichi per rendere fertile l’inospitale suolo della Luna: i test tutti italiani dimostrano che è possibile

Uno studio italiano ha dimostrato come una specie di lombrichi sia in grado di sopravvivere e di riprodursi su un simulante di regolite lunare. Ciò significherebbe poter rendere il suolo fertile e produrre così cibo fresco per gli astronauti durante le loro missioni

I lombrichi sono in grado di sopravvivere e di riprodursi su un simulante di regolite lunare, ovvero l’insieme di sedimenti, polvere e pietre che compone lo strato più superficiale del suolo lunare. È quanto ha compreso uno studio tutto italiano condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Questa scoperta è fondamentale in quanto apre a nuovi scenari sulla possibilità che si possa dare il via ad una futura crescita di colture nello Spazio. Si potrebbero infatti sfruttare le azioni benefiche dei lombrichi per rendere il suolo fertile e andare così a produrre cibo fresco per gli astronauti.

Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Heliyon ed è stato realizzato in collaborazione tra l’Istituto di BioRobotica, con Cesare Stefanini e Donato Romano, e il Centro di Ricerca in Scienze delle Piante con Chiara Pucciarello. È stato coinvolto anche il Gran Sasso Science Institute (GSSI).

Il problema dello stivaggio delle risorse

Tutto parte dalla necessità di avere risorse come cibo e acqua per le future missioni nello Spazio. La NASA ha infatti annunciato l’approdo sulla Luna della prima donna e del prossimo uomo entro il 2024. Tuttavia rimane il problema dello stivaggio limitato.

Sono state provate numerose tecnologie per fornire cibo fresco, produrre ossigeno, fissare anidride carbonica e purificare l’acqua, ma sistemi come il bioregenerative life support system (BLSS) e impianti di space farming – seppur promettenti – sono ostacolati dalla necessità di fornire quantità iniziali importanti di risorse dalla Terra.

Di qui l’idea di capire se la specie di lombrico Eisenia fetida (conosciuta come “verme rosso californiano” e comunemente usata per la produzione di vermicompost) possa sopravvivere e riprodursi su un simulante di regolite lunare.

Questi animali, infatti, ospitano un particolare microbiota nel loro sistema digerente che, se rilasciato nel terreno, riesce a promuovere la crescita delle piante e ad aumentare la tolleranza agli stress.

Sfruttare direttamente il suolo lunare

I risultati della ricerca sono stati positivi, in quanto hanno mostrato come il lombrico possa adattarsi al suolo lunare fornendo un potenziale strumento biologico per promuovere i processi di creazione di suoli extraterrestri abitabili. Ciò significa che riuscirebbe ad aumentare la fertilità della regolite lunare, rendendola più adatta ad ospitare le piante e dunque anche l’uomo.

L’azione dei lombrichi, dunque, potrebbe rivelarsi essenziale e contribuire a ridurre i costi e le sfide logistiche del trasporto di materiale per la coltivazione della terra sulla Luna. Non sarebbe più necessario dover portare risorse dal nostro Pianeta, ma si potrebbe sfruttare direttamente il suolo lunare.

Un primo passo per una possibile coltivazione sulla Luna

Chiara Pucciariello, professoressa associata presso il Centro di Ricerca in Scienze delle Piante, ha spiegato cosa ci si aspetta per il futuro da questo studio:

Studi precedenti hanno dimostrato come le piante siano in grado di crescere e germinare sulla regolite lunare, in presenza di elementi nutritivi. Questo substrato non è però completamente benefico per la pianta perché può indurre situazioni di stress. Quello che vogliamo studiare in un prossimo futuro è se la presenza dei lombrichi all’interno della regolite lunare possa ridurre questa situazione di stress e rendere questo substrato maggiormente benefico per la crescita delle piante.

Secondo Cesare Stefanini, professore ordinario presso l’Istituto di BioRobotica, si tratta di una grande sfida scientifica vinta. Il gruppo è riuscito a dimostrare, primo al mondo, come una specie di lombrico sia capace di sopravvivere su una superficie più aggressiva e ostile alla vita rispetto a quella terrestre. Per questo motivo ha definito lo studio un “primo passo per una possibile coltivazione sulla Luna”.

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Fonte: Heliyon

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