Bitcoin è una valuta digitale che funziona senza una banca centralizzata o un governo. È un sistema “peer-to-peer” che consente alle persone di pagare per beni e servizi o semplicemente di investirci con la speranza che aumenti di valore. Una innovazione che sostituisce la fiducia personale o l'approvazione di una banca per garantire le transazioni tra le parti. Ma, per aggiornare questo “libro mastro”, i Bitcoiner impiegano computer super specializzati: secondo Greenpeace, che da diversi anni coltiva una posizione anti-Bitcoin, la rete è energivora oltre ogni misura
Una campagna di comunicazione che in molti si affrettano a considerare un epic fail: sta di fatto che le trovate di Greenpeace per screditare i Bitcoin le si stanno rivoltando contro.
A 14 anni dalla loro creazione, i Bitcoin non lasciano indifferenti. Adorati da alcuni, odiato da altri, l’invenzione di Satoshi Nakamoto affascina e preoccupa allo stesso tempo. Tra i detrattori più veementi c’è proprio Greenpeace, che continua a mobilitare risorse per evidenziare il consumo energetico della regina delle criptovalute.
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Ci sta. Ma se da un lato, secondo la ONG la rete delle criptovalute consuma tanta elettricità quanto un Paese grande come la Finlandia, dall’altro Greenpeace stessa ha firmato un vero e proprio “disastro” di comunicazione.
Cosa ha fatto il team di marketing di Greenpeace? Ha contattato un artista per mostrare quanto i Bitcoin siano responsabile di tutti i mali del nostro Pianeta a causa dell’eccessivo utilizzo delle energie derivanti da fonti fossili. Per questo, l’ONG si è rivolta all’artista e attivista Benjamin Von Wong che ha presentato una scultura apocalittica che dovrebbe raffigurare il teschio di Satoshi Nakamoto. Una mega opera creata da rifiuti elettronici riciclati che vuole illustrare le devastazioni del consumo energetico dei Bitcoin.
Per la campagna “Change the code, not the climate“, che mira a convertire il meccanismo di consenso di Bitcoin in un modello proof-of-staking (PoS), Greenpeace ha così presentato l’opera d’arte denominata “Skull of Satoshi” — un teschio alto 3,3 metri con il logo di Bitcoin e occhi laser rossi, un popolare meme adottato dai Bitcoiner.
Alcuni attivisti per il clima pensano che #Bitcoin sia solo denaro falso su internet che possono tranquillamente ignorare.
La verità? Bitcoin sta partecipando all’inquinamento del mondo reale a causa del suo famelico consumo di combustibili fossili, il tutto per via del suo codice obsoleto.
La soluzione? #ChangeTheCode, scrivono.
Some climate activists think #Bitcoin is just fake internet money they can safely ignore.
The truth? Bitcoin is causing dangerous amounts of real-world pollution from its ravenous consumption of fossil fuels, all due to its outdated code.
The solution? #ChangeTheCode pic.twitter.com/7wa7BMCzV5
— Greenpeace USA (@greenpeaceusa) March 23, 2023
Ma, svelata il 23 marzo, la campagna di Greenpeace non ha sortito l’effetto sperato. Anzi, diremo addirittura che è accaduto proprio il contrario. Mentre la ONG pensava di creare il dibattito all’interno della comunità per cambiare il codice di Bitcoin (e quindi rimuovere l’aspetto del consumo energetico), in realtà ha offerto uno spunto oggi utilizzato come una vera e propria mascotte per promuovere proprio i Bitcoin. Con il suo aspetto da cyberpunk, questa scultura non ha fatto altro che suscitare contentezza e ammirazione con i suoi occhi laser (meme ampiamente utilizzato sulle reti) tempestati del logo Bitcoin. Un paradosso diventato anche di tendenza.
The Skull of Satoshi is so awesome that when I showed my gf the photo with no context she thought it was a pro #bitcoin campaign!
Incredible work @thevonwong pic.twitter.com/CE47Rz6S70
— ZacG (@zacguignard) March 24, 2023
NEW: #Bitcoin is causing MASSIVE amounts of pollution and has become a major roadblock in our fight to phase out fossil fuels. So we teamed up with @thevonwong to create this giant 💀 with laser eyes to help us raise awareness and spark change.
WATCH and SHARE: pic.twitter.com/Av0IORyV5b
— Greenpeace USA (@greenpeaceusa) March 23, 2023
Un piccolo “fallimento” perfettamente riassunto dall’illustratrice Lina Seiche con il fumetto The Little HODLer:
Se questa strategia di comunicazione non è riuscitissima, bisogna ammettere che attaccare Bitcoin è senza dubbio una delle missioni più complesse. Per 14 anni, la regina delle criptovalute ha continuato a svilupparsi, passando da un progetto conosciuto da una manciata di crittografi nel 2009 a una vera moneta che suscita la curiosità degli individui , istituzioni, aziende e persino di alcuni interi Paesi. Il tutto senza alcuna organizzazione centrale e senza alcun team di marketing.
Da un punto di vista sociologico, Bitcoin è la primissima anarchia funzionante nella storia umana, un impotente sistema di regole dove ogni colpo per distruggerlo sembra invece rafforzarlo. Ed è proprio quello che è accaduto ora.
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Fonti: Greenpeace / Bitcoin
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