Il parlamento ugandese ha votato una legge contro i diritti della comunità Lgbtqi+. Sono previsti carcere, ma anche ergastolo e pena di morte per le persone omosessuali. Condanne anche per chi è a conoscenza, ma non “denuncerà”
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Siamo di fronte all’ennesimo passo indietro (e parlare solo di “passo” è un eufemismo) in tema di diritti umani. Il parlamento ugandese, infatti, ha votato una legge che prevede ergastolo e pena di morte per gli omossessuali. E come se tutto questo non fosse già agghiacciante di per sé, lo ha fatto quasi all’unanimità, con il voto contrario di soli due parlamentari.
Ora, perché diventi ufficiale, manca la firma di presidente Yoweri Museveni, ma l’esito sembra quasi scontato, date le sue posizioni da sempre contrarie ai diritti della comunità Lgbtqi+. Le relazioni tra persone dello stesso sesso erano già proibite in Uganda (così come avviene in altri 30 Paesi africani su 54), ma ora le pene saranno molto più severe.
Pene anche per familiari e amici che non “denunciano” gay e lesbiche
Basterà semplicemente “identificarsi” in una delle “categorie” vietate e si verrà puniti con il carcere per il solo fatto di essere come si è. Le condanne saranno durissime: da dieci anni, all’ergastolo fino persino la pena di morte in base alla gravità della violazione. La “colpa” peggiore? L’omosessualità aggravata, ovvero quella che coinvolge minorenni e altre categorie vulnerabili.
E questa legge non colpisce solamente chi dovrebbe avere il diritto di amare chi e come vuole, ma anche i propri familiari e amici. Questi, infatti, saranno obbligati a denunciare gay e lesbiche. Se non lo faranno e saranno “scoperti”, rischiano pene molto rigide.
Allo stesso tempo potrebbero essere perseguite anche le associazioni e le organizzazioni che sostengono i diritti degli omosessuali. Stessa fine per i giornalisti e gli editori che si schierino in loro favore o “promuovano l’omosessualità”.
La condanna delle istituzioni
La condanna da parte delle istituzioni è stata unanime. Amnesty International ha parlato di una legge “profondamente spaventosa” nonché “ambigua” e “formulata in modo vago”, con il rischio di generalizzazioni più o meno volute. Secondo Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale, è:
profondamente repressiva è istituzionalizzerà la discriminazione, l’odio e il pregiudizio nei confronti delle persone Lgbtqi+, comprese quelle che sono percepite come Lgbtqi+.
Dure le critiche anche da parte di Volker Turk, Alto commissario dell’ONU per i Diritti Umani, che ha sostenuto:
L’approvazione di questa legge discriminatoria – tra le peggiori nel suo genere nel mondo – è un fatto molto preoccupante. Lesbiche, gay, bisessuali e altri diventerebbero criminali per il fatto di essere quello che sono, sarebbero violati i loro diritti umani e si inciterebbero le persone alla violenza.
Si spera che queste pressioni possano indurre il presidente a non firmare
Sono molte dunque le pressioni nei confronti del presidente affinché ponga il suo veto alla legge, comprese anche le minacce di sanzioni economiche con sospensioni degli aiuti e delle sovvenzioni americane. Tuttavia, come detto, Museveni non ha mai fatto mistero di considerare l’omosessualità un crimine.
Aveva persino accusato l’Occidente di “imporre le sue pratiche su altri popoli”. È infatti da tempo diffusa l’idea, in molti Paesi africani, che l’omosessualità sia stata “importata”, con i leader politici e religiosi che accusano gli stranieri di “corrompere” la società e la cultura locale.
Si spera comunque che quantomeno il timore di ripercussioni economiche o la necessità di mantenere buoni rapporti con i Paesi occidentali possano indurlo a rimandare o non firmare l’approvazione di questa legge abominevole e ripugnante.
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