Il Parlamento francese ha approvato il disegno di legge – adottato in prima letture dall’Assemblea nazionale lunedì 6 marzo – per garantire ai minori il diritto alla loro immagine. Una svolta verso il diritto alla privacy che hanno anche i nostri cuccioli
Si chiama sharenting (ossia la contrazione, secondo l’Oxford English Dictionary, di sharing – condivisione – e parenting – genitorialità) ed è l’abitudine di condividere tutto sui social a partire dalle cose dei nostri nostri figli. È senza dubbio quello che va per la maggiore sulle varie piattaforme, dopo le immancabili ricette culinarie e dopo i musetti dei gattini.
Spiattellare, insomma, al popolo del web tutto ciò che riguarda i nostri minori: lo fanno i Ferragnez, perché non possiamo farlo noi per conquistare qualche like? Ma l’altra faccia della medaglia che non mettiamo mai in conto è: sicuri che i nostri figli sono (saranno) contenti di essere onnipresenti nei nostri balletti su questi benedetti social? Non avranno anche loro il sacrosanto diritto di NON esserci? Possibile che sia sempre lecito programmare contenuti, sponsorizzazioni e massimizzare profitti solo e soltanto sulla loro immagine (il lato più oscuro dello sharenting è in effetti proprio collegato alla monetizzazione…)?
È partendo da queste premesse che – pochi giorni dopo la proposta di alzare a 15 anni l’età minima per avere accesso ai social – il Parlamento francese ha approvato il disegno di legge – adottato in prima letture dall’Assemblea nazionale lunedì 6 marzo – per garantire ai minori il diritto alla loro immagine. Lo scopo è “togliere ai genitori il diritto all’immagine dei propri figli”, come si legge nel quarto articolo.
Il disegno di legge francese
I primi due articoli stabiliscono che la protezione della vita privata è uno dei compiti dei genitori, che devono associare il figlio alle scelte che lo riguardano – spiega Bruno Studer, il deputato che ha lanciato la proposta. Il messaggio per i genitori è che il loro compito sia anche quello di proteggere la privacy dei figli. In una società sempre più digitalizzata, il rispetto della privacy dei minori è ormai imprescindibile per la loro sicurezza, il loro benessere e il loro sviluppo.
Secondo il rapporto del Children’s Commissioner for England del 2018 “un bambino appare in media in 1.300 fotografie pubblicate online prima dei 13 anni, sui propri account, su quelli dei genitori o dei familiari”. Per l’Observatoire de la Parentalité & de l’Éducation numérique nelle società occidentali, oltre il 40% dei genitori pubblica foto o video dei propri figli (tutto senza il consenso dei minori, ovvio).
Il testo introduce insomma la nozione di “vita privata” del figlio per sottolineare il dovere dei genitori di rispettarla. Precisa inoltre che i diritti di immagine del minore sono esercitati congiuntamente da entrambi i genitori, tenuto conto del parere del minore. In caso di disaccordo tra i genitori, il testo prevede che il giudice possa vietare a uno di loro “di pubblicare o distribuire qualsiasi contenuto senza l’autorizzazione dell’altro”.
Nei casi gravi di violazione della dignità, il testo apre la strada “a una delega forzata della potestà genitoriale”, dando la possibilità al giudice di affidare a un terzo l’esercizio del diritto all’immagine del minore. Questa legge mira a “responsabilizzare i genitori” ma anche a dimostrare ai minori che “i genitori non hanno un diritto assoluto sulla loro immagine”, ha sostenuto il deputato.
Le associazioni denunciano gli abusi, come quelli dei “vlog” (videoblog) familiari tenuti da genitori in corsa per i like esponendo la privacy dei propri figli, a volte in cerca di introiti pubblicitari. Fino a ricorrere a messinscene degradanti, come quelle della “Cheese Challenge” , virale su TikTok, consistente nel lanciare una fetta di formaggio fuso in faccia a un neonato e filmarne la reazione. Terribile:
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Fonte: Le Monde
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