La cittadinanza e i movimenti No Pfas del Veneto chiedono la bonifica dell’area in cui insiste l’ex fabbrica Miteni, ora fallita, nella provincia di Vicenza, responsabile del grave inquinamento delle falde acquifere
“Sono passati dieci anni dalla scoperta dell’inquinamento da Pfas e il sito Miteni, individuato dalle autorità competenti quale principale fonte di uno dei maggiori inquinamenti che la storia ricordi, continua ad inquinare la nostra falda, i nostri pozzi, i nostri campi i nostri cibi e il nostro sangue“, così non si ferma la galassia dei movimenti No Pfas.
Regione, Ministeri, ex proprietari dell’azienda: a tutti sono state inviate lettere per sollecitare uno studio epidemiologico volto a comprendere una volta per tutte la portata della contaminazione e una legge nazionale che punti allo 0 tecnico di Pfas nell’acqua.
L’inquinamento da Miteni continua a diffondersi e va rimosso alla radice ed è necessario che la bonifica parti al più presto, dicono.
L’appello
È compito degli Enti pubblici far rispettare il cronoprogramma della messa in sicurezza del sito inquinante. Al momento si susseguono ritardi su ritardi. Le istituzioni devono collaborare fra loro e costringere chi ha inquinato alla bonifica immediata.
Allo stesso tempo chiediamo ai sindaci dei territori inquinati, quali primi responsabili della salute dei cittadini e dei territori amministrati, una forte azione comune affinché, con la bonifica, la fonte inquinante cessi di essere un pericolo. Noi siamo fatti di ambiente, siamo tutt’uno con esso. Il nostro ambiente è ammalato e le metastasi chimica , attraverso le acque inquinate, è arrivata fino al mare. La nostra terra va curata, protetta, messa in sicurezza, per garantirne la guarigione.
Per le associazioni e i comitati locali, Ministero e Regione devono mettere a disposizione fondi e studi adeguati, per sostenere il Comune di Trissino in questo disastro ambientale, che coinvolge le tre province di Vicenza, Verona e Padova: 30 Comuni inquinati, 350.000 persone coinvolte, 700 km quadrati di territorio compromesso, la seconda ricarica di acquiferi più grande d’Europa “che andrà perduta, senza l’intervento immediato della bonifica.
Di fatto, la presenza di Pfas ha reso imbevibile l’acqua delle falde delle tre province venete: questi composti sono infatti accusati di interferire con il sistema endocrino e di causare problemi soprattutto a neonati, bambini e donne in gravidanza.
Inoltre, le sostanze perfluoro-alchiliche sono state collegate a numerosi rischi per la salute tra cui infertilità e tumori.
Le persone avvelenate da Pfas nella zona rossa del Veneto sono ormai diverse decine di migliaia e oltre l’80% dei bambini veneti ha quantità di PFAS nel sangue superiori a quelle rilevate nelle popolazioni esposte a contaminazione di fondo.
In Veneto la situazione di inquinamento da Pfas è infatti una tra le più gravi al mondo: oltre all’acqua, anche molti alimenti risultano contaminati e l’emergenza perdura ormai da diversi anni.
Fonte: Mamme NoPfas
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