Vigogna: sai da dove proviene la lana più costosa del mondo?

Qual è il tessuto più lussuoso e più caldo che si possa mai acquistare? No, non è una pelliccia esotica né cashmere, ma è un tipo di lana che arriva per gentile concessione della vigogna, un camelide sudamericano. La sua popolazione? Praticamente decimata dai conquistadores spagnoli

È l’animale nazionale, abbellisce la bandiera, lo stemma e le monete peruviane. È la vigogna, a metà tra un lama e un alpaca, e la sua lana scalda da secoli. Da sempre indossare abiti di lana di vigogna è ritenuto dalle popolazioni sudamericane l’equivalente di essere “avvolti nell’oro”, privilegio spesso riservato esclusivamente ai reali. Il motivo? È la lana più costosa al mondo. E tutto ciò è stato per quell’animale una vera dannazione.

La maggior parte delle vigogne si concentra in Perù, Argentina, Bolivia, Cile ed Ecuador e il loro è un cappotto di lana molto fine che non è solo morbido e leggero, ma anche eccezionalmente caldo per scongiurare proprio il clima andino spesso gelido.

Difficile da recuperare, forse anche per questo la lana grezza viene venduta a più di 300 dollari al chilogrammo. Una volta trasformata in filati e poi in sontuosi cappotti e abiti, i prezzi salgono a decine di migliaia di dollari.

Ma cosa la rende davvero così costosa?

Apprezzate dagli Incas e sterminate dai conquistadores

Durante il dominio degli Incas – che fiorì dall’inizio del XIII secolo e si elevò fino a formare un impero (1438-1533 d.C.) in tutto il Sud America occidentale – le vigogne erano considerate creature sacre, tanto che era proibito ucciderle.

Indossare indumenti tessuti con la loro lana era quasi esclusivamente privilegio riservato ai reali. Si pensa che, al culmine dell’Impero Inca, che circa due milioni di vigogne vagassero dal Perù alla Bolivia e giù fino al nord dell’Argentina. Ma quando i conquistadores spagnoli invasero il Perù nel 1532 e scoprirono anche loro il prezioso vello del camelide, fu l’inzio della fine.

La soprannominarono la “seta del nuovo mondo” e decisero di procurarsene con la forza, cacciando e uccidendo vigogne, piuttosto che semplicemente tosarle e rilasciarle come avevano fatto gli Inca.

Si è dato avvio così a un vero e proprio massacro e il bello è che è continuato per secoli tanto che a metà del ‘900, la popolazione era scesa a meno di 10mila esemplari.

La storia del massacro (e forse della salvezza) delle vigogne

Nel 1777 con un Decreto reale si vietò alle popolazioni indigene di uccidere l’animale. Fu così concessa solo la tosatura alla presenza di un giudice nominato dall’amministrazione coloniale (anche il generale Simón Bolívar, governatore del Perù, nel 1825 emise due decreti che vietavano la caccia alla vigogna, decimata dai bracconieri).

Una serie di provvedimenti che però non hanno portato a molto. Negli anni ’60 del secolo scorso, infatti, si contavano in vita solo 5mila esemplari del piccolo “cammello delle Ande” e nel 1969 l’IUCN lo iscrisse nella lista delle specie a rischio, mentre più tardi, nel 1976 a Washington, la CITES (Convenzione internazionale ONU che regola il commercio di animali e piante in pericolo), decretò la fine di ogni forma di sfruttamento per la vigogna, inserendola nell’Appendice I che raccomanda per una specie il massimo grado di protezione.

Nel 1966, nel Perù centro-meridionale, venne creata la riserva di Pampa Galeras, un’area immensa volta al ripopolamento, e nel 1969 fu firmato un accordo tra Bolivia e Perù per la conservazione della specie, cui hanno aderito poi anche Cile e Argentina. In pochi anni il numero di animali è aumentato fino a raggiungere in Perù gli attuali 98.000 capi, tanto da indurre la CITES, nel 1987, a retrocedere la vigogna nell’Appendice II, che include le specie a rischio di estinzione se il commercio non è controllato.

Dal 1994 la vendita di pellicce di vigogne tosate da vive è tornata ad essere legale: le comunità locali andine hanno ricevuto dalle autorità l’usufrutto delle vigogne, a patto che queste vengano protette dalla caccia dei bracconieri.

Ma resta un dato fondamentale: ad oggi, la vigogna è ancora considerata una specie minacciata in Perù e in Cile. 

Come funziona oggi il commercio della lana di vigogna

La lana di vigogna può essere raccolta solo una volta ogni tre anni, quando le comunità indigene delle Ande collaborano con il Governo e le organizzazioni per la conservazione per recintare gli animali, tosarli e rimetterli in libertà.

Una parte delle vigogne, infatti, è tenuta in alcuni allevamenti recintati (i cosiddetti corrales), dove gli animali verrebbero catturati per la tosatura e poi rilasciati. Sarà anche vero che lo Stato del Perù promuove la protezione di questo mammifero delegando alla Sociedad nacional de Criadores de vicuña il programma di conservazione e allevamento e garantendo alle comunità indigene la partecipazione ai proventi che derivano da un utilizzo razionale della specie, ma non ci è dato sapere se è effettivamente è così.

Fatto è che la lana di vigogna può essere spedita in tutto il mondo e trasformata in abiti che possono costare oltre 40mila dollari.

A noi sembra tutto molto eccessivo e con un unico terrificante scopo: assecondare, come al solito, il desiderio dei super ricchi.

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Fonti: Ministerio de Desarollo Agrario y Riego

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