L'inquinamento influisce pesantemente sulla fertilità: lo confermano i risultati del progetto di ricerca PREVIENI, condotto dal WWF insieme all’Istituto Superiore Sanità, l’Università di Siena e l’Università Sapienza di Roma e finanziato dal ministero dell’Ambiente.
L‘inquinamento influisce pesantemente sulla fertilità: lo confermano i risultati del progetto di ricerca “PREVIENI“, condotto dal WWF insieme all’Istituto Superiore Sanità, l’Università di Siena e l’Università Sapienza di Roma e finanziato dal ministero dell’Ambiente.
Le sostanze inquinanti presenti negli alimenti ma anche in oggetti di uso comune, in tessuti, cosmetici e detergenti, ci “contaminano” quotidianamente e interferiscono anche sulla nostra capacità riproduttiva. Soprattutto se abitiamo in una grande città, perché all’assunzione di queste sostanze si aggiunge la cattiva qualità dell’aria e altri fattori ambientali negativi.
Il progetto “PREVIENI” ha avuto ad oggetto, in particolare, gli effetti delle sostanze nocive dette “interferenti endocrini” perché interferiscono sugli equilibri degli ormoni sessuali.
L’Università di Siena, con il coordinamento scientifico del professor Silvano Focardi, ha analizzato i dati ambientali relazionandoli con la salute riproduttiva di 125 coppie, e con il passaggio di contaminanti in gravidanza tra madre e bambino. I dati evidenziano la pesante influenza di inquinanti come i perfluorati, gli ftalati e il bisfenolo A sulla fertilità. Inoltre, su dieci coppie mamma-bambino, otto bimbi sono risultati contaminati, dimostrando che gli inquinanti possono attraversare la barriera, un tempo ritenuta invalicabile, della placenta.
Cristiana Guerranti, che ha coordinato le attività del gruppo di lavoro dell’Università di Siena, spiega: “Abbiamo scelto coppie di persone che abitano nell’area urbana di Roma, coppie abitanti a Ferrara, una città medio piccola con una buona qualità ambientale, e coppie abitanti a Sora, un piccolo centro agricolo del basso Lazio. Tutte queste persone risultano esposte in maniera prolungata e continua ad una miscela di interferenti endocrini. Ma la popolazione del grande centro urbano è molto più esposta: le persone affette da infertilità o da specifiche patologie riproduttive presentano livelli più alti di inquinanti nel proprio sangue”.
Inoltre le analisi sul sangue di cordone ombelicale di coppie madre-neonato, dopo una gravidanza sana e priva di problemi, indicano un trasferimento di alcuni interferenti endocrini dalla madre al feto; queste sostanze potrebbero indurre alterazioni come l’infertilità nella vita adulta non visibili al momento della nascita.
È quindi molto importante che i risultati del progetto di ricerca “PREVIENI” vengano utilizzati per azioni di prevenzione, quali, ad esempio, campagne di informazione al cittadino sugli stili di vita che proteggono sé stessi, i propri figli e l’ambiente, o la regolamentazione degli interferenti endocrini non ancora normati e l’implementazione dei controlli sulle filiere alimentari.”
Nonostante le limitazioni di legge, ottenute grazie anche alla spinta congiunta del mondo scientifico e del mondo ambientalista, interferenti endocrini ancora si trovano in oggetti di uso comune come tappeti, vestiti, pentole antiaderenti e vernici, giocattoli, contenitori e dispositivi medici, tessuti, auto, pc e televisori, pesticidi, oli e prodotti industriali. Inoltre loro tracce vengono riscontrate anche negli alimenti, dove arrivano sia per contatto diretto, per esempio con i contenitori di plastica, sia per l’inquinamento degli ambienti in cui vengono allevati gli animali e coltivate le piante.
Andrea Marchetti
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