Stress e pendolarismo: ecco i fattori che scatenano il nuovo ‘diabete urbano’

Lo stress quotidiano e il pendolarismo sono fattori che non giovano alla nostra salute e fanno aumentare le possibilità di soffrire di diabete

Diabete: a farne le spese è anche chi vive nelle grandi città ed è sotto stress. Il trantran quotidiano, il lavoro, il vai e vieni e il pendolarismo in primis sono tutti fattori che non giovano alla nostra salute. E fanno schizzare la glicemia alla stelle dando luogo al cosiddetto “diabete urbano”.

Sta di fatto che nel mondo oltre 400 milioni di persone soffrono di diabete e di questi più dei due terzi risiedono proprio nelle grandi metropoli. Non solo, quindi, i pesticidi, ma anche lo stile di vita frenetico che nelle grandi città si conduce, e in particolare le abitudini dei pendolari, aumenterebbe il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.

È quanto emerge da uno studio guidato dall’University College London, presentato durante il “Cities Changing Diabetes Summit 2015”, che si è svolto in questi giorni a Copenaghen, e volto a scoprire i fattori che favoriscono l’insorgenza della malattia tra gli abitanti delle metropoli. I risultati di questa indagine, una delle più ampie al mondo sul “diabete urbano”, riguardano cinque città che insieme ospitano 60 milioni di persone e suggeriscono la necessità di riconsiderare strategie sanitarie per affrontare la crescita di una simile condizione e capire come le autorità governative dovrebbero combattere questa crescente sfida per la sanità pubblica.

Gli autori della ricerca, coordinata dal professor David Napier (UCL Antropologia), hanno intervistato oltre 550 persone affette da diabete di tipo 2 o che presentavano il rischio di svilupparlo. I partecipanti erano residenti a Copenaghen, Houston (Usa), Città del Messico (Stati Uniti Messicani), Shanghai (Cina) e Tianjin (Cina).

Stress, fretta e pendolarismo sono i maggiori responsabili, tanto che sono proprio i cittadini quelli maggiormente vulnerabili allo sviluppo del diabete di tipo 2. Un pericoloso mix di fattori sociali e culturali e, in più, l’affaticamento causato dalla necessità di muoversi velocemente e affrontare lunghi spostamenti per andare a lavoro accrescerebbero così il rischio di incorrere nella malattia. Inoltre, lo stile di vita frenetico renderebbe più difficile diagnosticare in breve tempo il diabete, per cui i malati finirebbero spesso per trascurare il disturbo, peggiorando ulteriormente il loro stato di salute.

“Focalizzandosi principalmente sui fattori di rischio biomedici per il diabete, la ricerca tradizionale non ha adeguatamente tenuto conto dell’influenza dei fattori sociali e culturali sulla malattia – spiega David Napier dell’University College London, uno dei principali autori dell’analisi -. La nostra ricerca innovativa consentirà alle città di tutto il mondo di aiutare la popolazione ad adottare stili di vita che la rendano meno vulnerabile allo sviluppo del diabete”.

Questa nuova comprensione dei fattori di rischio socio-culturali guiderà lo sviluppo di politiche di sanità pubblica sempre più efficienti e mirate per sostenere la salute e il benessere dei nostri cittadini? Dovrebbe essere così, ma, di fatto, siamo ben a conoscenza delle tante falle di cui si fa portatrice la nostra sanità. Vero è che l’Italia dispone di un sistema di assistenza ben riconoscibile, dal momento che il diabete è una malattia cronica rientrante tra i Lea (Livelli essenziali di assistenza), ma ci sono ancora delle enormi differenze territoriali che andrebbero eliminate.

Prevenzione primaria e diagnosi precoce rimangono in ogni caso le due armi in nostro pugno, sfruttiamole con qualche piccolo segreto.

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