Avastin e Lucentis: gli effetti collaterali sono gli stessi

Lucentis e Avastin: secondo una revisione di alcuni studi, il farmaco più economico, il bevacizumab (Avastin), non sembra avere effetti collaterali differenti né aumentare il numero di decessi rispetto al ranibizumab (Lucentis)

Lucentis e Avastin: due farmaci utilizzati nella cura della degenerazione maculare senile. Solo che il primo, il cui principio attivo è il ranibizumab, è più costoso rispetto alla “alternativa” usata fuori etichetta, l’Avastin appunto, il cui principio attivo è il bevacizumab. E allora uno studio ne ha analizzato gli effetti collaterali, soprattutto dopo che una Regione, l’Emilia Romagna, si era posta il problema della loro sicurezza (e del loro costo) sui malati di maculopatia retinica.

Ebbene, secondo i risultati pubblicati dall’organismo indipendente Cochrane Collaboration, il farmaco più economico, il bevacizumab (Avastin), non sembra avere effetti collaterali differenti né aumentare il numero di decessi rispetto al ranibizumab (Lucentis). Il che contribuisce a sostenere la tesi secondo cui le politiche sanitarie che favoriscono il più costoso Lucentis non sono supportate da evidenze scientifiche derivanti da studi randomizzati controllati.

L’Emilia Romagna, infatti, sin dal 2009 aveva autorizzato l’utilizzo di Avastin negli ospedali del Servizio sanitario regionale come farmaco di provata efficacia per il trattamento di malattie degli occhi nelle persone anziane. Questa posizione è stata poi condivisa anche dall’Aifa nel giugno scorso, quando ha espresso parere favorevole all’inserimento di Avastin nell’elenco dei farmaci erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale.

La revisione ha considerato i risultati di nove studi randomizzati controllati che confrontavano la sicurezza di due farmaci usati nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età. Gli studi, non sponsorizzati, hanno coinvolto complessivamente 3665 partecipanti e hanno confrontato direttamente il bevacizumab con il ranibizumab, somministrandoli per un tempo massimo di due anni. La revisione mostra che in caso di degenerazione maculare, la sicurezza sistemica dei due prodotti appare simile, fatta eccezione per alcuni disturbi gastrointestinali.

I ricercatori hanno stimato che cosa succederebbe a un gruppo di 1000 pazienti se fosse loro somministrato il ranibizumab per uno o due anni. Nei 1000 pazienti trattati con ranibizumab si osserverebbero 34 decessi; nei 1000 trattati con bevacizumab, si osserverebbero tra i 27 e 53 decessi. Se in 1000 ricevessero ranibizumab, in 222 presenterebbero uno o più effetti collaterali sistemici gravi. Se invece in 1000 fossero trattati con bevacizumab, i pazienti con eventi avversi oscillerebbero tra 200 e 291. I casi di morte, inoltre, non sembrano legati alla somministrazione dei due farmaci, piuttosto appaiono in linea con i livelli di decesso propri dell’età dei pazienti coinvolti. Anche per gli effetti collaterali sistemici, i ricercatori fanno riferimento a un ampio spettro di eventi che può essere causato o meno dal farmaco.

Questa revisionedice Lorenzo Moja dell’Università di Milano – rappresenta un importante passo in avanti nella conoscenza delle differenze nei danni sistemici tra bevacizumab e ranibizumab e mitiga le controversie passate su questo tema. Gli autori hanno raccolto prove da 9 studi, di cui 3 non pubblicati, mentre la maggior parte delle altre recensioni si concentra principalmente sui dati pubblicati. È stato possibile grazie alla collaborazione di ricercatori di diversi Paesi (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Usa), molti dei quali sono stati coinvolti nelle sperimentazioni stesse. Non conosco altri esempi di metanalisi con un numero così elevato di studi testa-a-testa non sponsorizzati dall’industria“.

Ricordiamoci, inoltre, che solo nel marzo scorso l’Antitrust condannò Roche e Novartis, le case produttrici dei due farmaci, al pagamento di una multa da 182,5 milioni di euro con l’accusa di aver fatto cartello sulla vendita dei due medicinali oftalmici. Le due aziende, infatti, avrebbero agito per scoraggiare l’uso del bevacizumab, venduto da Roche con il marchio Avastin, a favore del più caro Lucentis, commercializzato da Novartis. Un’intesa che è costata al Sistema Sanitario Nazionale oltre 45 milioni di euro soltanto nel 2012. Non poco.

E l’editor in Chief della Cochrane Library, David Tovey, conclude: “La revisione affronta un quesito di estrema importanza per i sistemi sanitari di molti Paesi. Una delle considerazioni da fare nel prendere decisioni di politica sanitaria è di non valutare solo l’efficacia degli interventi ma di tenere presente anche il loro profilo di sicurezza“.

Germana Carillo

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