La marijuana fa male al cervello? Niente affatto: secondo uno studio della Tel Aviv University, pubblicato sulla rivista Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research, dosi estremamente basse di questa sostanza potrebbero proteggere il cervello prima e dopo un infortunio.
La marijuana fa male al cervello? Niente affatto: secondo uno studio della Tel Aviv University, pubblicato sulla rivista Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research, dosi estremamente basse di questa sostanza potrebbero proteggere il cervello prima e dopo un infortunio.
Il merito, in particolare, sarebbe del principio attivo della marijuana, il Thc, che sarebbe in grado di prevenire il danno cognitivo a lungo termine a seguito di lesioni da ipossia, convulsioni o persino danni causati da farmaci tossici se somministrato a piccole dosi. Senza questa barriera di protezione, invece, i cervelli sono soggetti a difetti cognitivi e danni neurologici. Ma come lo avranno scoperto? Per testare la loro teoria, il professor Yosef Sarne della Tel Aviv University e il suo team hanno iniettato nei topi di laboratorio dosi molto basse di THC, sia prima che dopo averli sottoposti ad un trauma cerebrale.
È così che ha potuto stabilire che piccole dosi di THC possono essere somministrate fino a sette giorni prima di un infortunio o tre giorni dopo. Proprio tre giorni prima di causare un danno ai topi, e 7 giorni dopo, infatti, i ricercatori hanno eseguito test in cerca dei danni cerebrali. Quelli che avevano ricevuto una dose bassa stavano molto meglio rispetto al gruppo di controllo di topi che non aveva ricevuto alcun trattamento. E il gruppo di topi sottoposti a THC ha fatto registrare anche più sostanze chimiche neuroprotettive nel loro sistema, rivelando, dicono i ricercatori, che questo trattamento agisce quasi come un immunizzazione dei danni cerebrali.
Proprio nel bel mezzo del dibattito antivivisezionista, con i i ricercatori pronti a scendere in piazza per ribadire la validità dei loro metodi, questa ricerca è l’ennesima occasione da prendere al volo per ricordare come nessuna specie possa essere presa a modello di un’altra. “I test sugli animali sono un metodo inutile e dannoso. Il 90% dei medicinali testati sugli animali vengono rigettati prima degli esperimenti clinici sull’uomo, perché le prove sono ritenute inattendibili. Ma è ovvio: ogni specie animale ha un proprio genoma unico e irripetibile”, spiega in un’intervista Claude Reiss, per 35 anni direttore di ricerca in biologia molecolare al Cnrs, autore di centinaia di paper scientifici sul tema..
Questo comporta che un ratto, un topo, un cane o un uomo reagiscono in modo completamente diverso alla stessa prova. Sarebbe stato molto più utile e proficuo, insomma, effettuare questi esperimenti su modello umano. Ma provocare traumi al cervello di un uomo per studiare l’effetto della THC non sarebbe “etico”…
Roberta Ragni