A detta di numerosi studi condotti negli ultimi anni da eminenti psicologi americani, sembra che il modo più efficace per sollecitare le persone ad assumere comportamenti più responsabili e attenti nei confronti dell’ambiente non si basi sugli incentivi fiscali, né su una maggiore informazione, bensì sulla pressione sociale.
Chi lo avrebbe detto che un giorno ci saremmo ritrovati ad affermare che un’espressione come: “Eh beh, lo fanno tutti!”, tipicamente usata per giustificarsi disperdendo le colpe tra i propri compari, ci avrebbe salvato dalla distruzione del pianeta. A detta di numerosi studi condotti negli ultimi anni da eminenti psicologi americani, sembra che il modo più efficace per sollecitare le persone ad assumere comportamenti più responsabili e attenti nei confronti dell’ambiente non si basi sugli incentivi fiscali, né su una maggiore informazione, bensì sulla pressione sociale.
Lo ha riferito qualche giorno fa un lungo articolo del Wall Street Journal. Il potere delle masse sul comportamento del singolo e le dinamiche con cui si determina il contagio, sono temi su cui la psicologia sociale si interroga da decenni. Mai prima d’ora però si era considerato il ruolo della società nei processi di induzione al cambiamento delle abitudini di vita in pratiche sostenibili.
I primi segnali che l’emulazione funziona si sono avuti a seguito di due importanti studi. Il primo risale al 2008 e ha coinvolto 190 stanze in alcuni alberghi americani di media categoria. Per tre mesi, gli ospiti che si infilavano nel bagno delle stanze prescelte si trovavano di fronte due targhette: su una era scritto “Aiutaci a Salvare il Pianeta” e invitava i visitatori a mostrare rispetto per l’ambiente riutilizzando gli asciugamani, sull’altra si leggeva “Unisciti agli altri Ospiti per aiutarci a Salvare il Pianeta” e di seguito si specificava che il 75% degli ospiti aveva aderito al programma di riutilizzo degli asciugamani. Dopo tre mesi è emerso che coloro che erano stati esposti al confronto con ciò che altre persone avevano accettato di fare, avevano riutilizzato gli asciugamani in misura maggiore degli altri (+25%).
Il secondo studio si è svolto invece a San Marcos in California. Qui l’obiettivo era spingere le persone a usare le pale invece che i condizionatori d’aria. Nelle case delle persone soggette all’esperimento erano state distribuite 4 tipologie di messaggi. Su uno si argomentava facendo riferimento al risparmio di 54 dollari, su un altro indicando la misura di gas serra non emessa, sul terzo ci si appellava alla responsabilità e sul quarto si informava che il 77 per cento dei vicini aveva già assunto quel comportamento, sottolineando che si trattava della “scelta più popolare tra i membri della comunità”.
L’ultimo messaggio si è dimostrato quello più efficace, dal momento che in quelle famiglie si era ridotto il consumo energetico del 10 per cento. Negli altri casi non c’era stata flessione superiore al 3 per cento.
“Le persone non si rendono conto di quanta influenza abbia su di loro la spinta esercitata dalla folla” dice lo psicologo Robert Cialdini dell’Università dell’Arizona che ha partecipato a entrambi gli esperimenti.
L’ulteriore verifica condotta in test simili ha permesso di concludere che tale influenza appartiene a tutti i popoli indipendentemente dalla cultura di appartenenza. Alcuni ricercatori dell’Università del Michigan hanno verificato che l’uso di incentivi economici per convincere i Cinesi ad adottare tecnologie sostenibili non è stato efficace quanto dire loro che i vicini le stavano già adottando.
Ciò che rende difficile la sedimentazione di pratiche sostenibili tra la gente, dicono gli psicologici, è che molti di questi comportamenti non si affermano come norme sociali, perché sono di solito invisibili agli altri. Del resto è difficile “esibire” il fatto che chiudiamo il rubinetto dell’acqua mentre ci laviamo i denti o che abbiamo sostituito tutte le lampadine a favore di quelle a basso consumo energetico. A differenza di quello che accade quando si compra una fiammante spider nuova o un cellulare di ultimissima generazione.
Alcune società tuttavia stanno cercando di usufruire di queste scoperte per incentivare il cambiamento. La Southwest Florida Water Management District, società che gestisce la distribuzione dell’acqua, ha iniziato a usare stralci di conversazioni nei suoi spot in cui i vicini di casa si dicono reciprocamente di non irrigare il giardino tutte le settimane, specie in inverno. I dati dicono che il 19% della popolazione ha introiettato l’informazione e ora irriga di meno.
Si è visto che questi ultimi tendono progressivamente a ridurre del 2 per cento i propri consumi. Non molto, ma se iniziamo a moltiplicare queste cifre per milioni di famiglie, sicuramente i numeri si fanno più imponenti.Un’azienda inglese nel frattempo, sta addirittura, testando un sito collegato al proprio contatore sul quale vedere in diretta il livello di consumo energetico rispetto ai propri simili.
La verità, dicono alcuni studiosi, è che questo tipo di meccanismo funziona in corrispondenza di comportamenti “a basso impatto”, che non implicano cioè un elevato livello di sacrificio. È pur vero, rispondono altri, che l’obiettivo è proprio quello di rendere fissi alcuni comportamenti abituali al punto da farli diventare routine.“Lo possiamo fare – dice il Dottor Cialdini – dicendo alle persone che coloro che li circondano lo stanno già facendo”.
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