Un film gentile che in maniera intelligente denuncia la svendita di un territorio. Inizia con una sequenza di immagini fotografano file di capannoni, villette a schiera, discount, outlet, palazzoni e complessi residenziali. Un catalogo di prodotti derivati dal cemento armato che si fanno spazio tra pendii di colline dolci e vitigni preziosi, coltivazioni di nocciole uniche al mondo e vecchi casolari. E’ l’Italia dei capannoni: quella degli orrori architettonici sovvenzionati dalla promessa di “infinite sorti e progressive” oltre che dall’assenza di piani regolatori e di amministratori incapaci di venir meno a qualche voto “sporco”.
Il primo viso che appare sullo schermo quando si pigia play è quello di Giorgio Bocca: le rughe messe lì a ricordare che la vita, quella vera, pretende di lasciare segni. Come le parole: ne bastano poche per incidere sul rumore quotidiano come un bisturi sulla pelle.
“Nel breve spazio della mia lunga vita l’Italia è cambiata in una maniera spaventosa. È tutta una corsa contro il tempo. Bisogna riuscire a diventare civili prima che il disastro sia completo. Bisogna vedere se arriviamo ancora in tempo per salvare questo paesaggio, per me in gran parte lo abbiamo già distrutto”. Inizia così Langhe DOC. Storie di eretici nell’Italia dei capannoni, il documentario di Paolo Casalis prodotto dalla piccola casa di produzione Stuffilm di Alba (CN).
Un film gentile che in maniera intelligente denuncia la svendita di un territorio. Inizia con una sequenza di immagini fotografano file di capannoni, villette a schiera, discount, outlet, palazzoni e complessi residenziali. Un catalogo di prodotti derivati dal cemento armato che si fanno spazio tra pendii di colline dolci e vitigni preziosi, coltivazioni di nocciole uniche al mondo e vecchi casolari. È l’Italia dei capannoni: quella degli orrori architettonici sovvenzionati dalla promessa di “infinite sorti e progressive” oltre che dall’assenza di piani regolatori e di amministratori incapaci di venir meno a qualche voto “sporco”.
Quello che ha toccato queste terre negli ultimi quarant’anni è un cambiamento lento. Da povera ha cominciato a conoscere il benessere, la spesa dal contadino si è trasferita nelle migliaia di metri quadrati di un supermercato, quella nel negozio di paese dentro un negozio in franchising. Un percorso che ha interessato tutto il mondo occidentale. Ma un territorio che ambisce a diventare Patrimonio dell’Unesco cosa ci fa con i capannoni?
Abbiamo girato la domanda a Paolo Casalis, autore del film e langarolo “impuro” (da queste parte i territori sono segnati da profondi solchi che delimitano le aree nonché le appartenenze). “Il langarolo è tanto legato alla terra quanto al denaro. Sarebbe stato facile quindi andare a trovare i colpevoli, chi in questi anni ha contribuito ad approvare cementificazioni vandaliche, le imprese edili che hanno lucrato sulla disponibilità di terreno, gli architetti che ci hanno costruito e così via… Ho preferito piuttosto raccontare tre storie positive e, per contrasto, far emergere il negativo”.
Ecco allora che dopo i capannoni arrivano le pecore al pascolo di Silvio Pistone, lo sguardo disincantato di Mauro Musso e l’esile figura di Maria Teresa Mascarello in mezzo alle sue vigne. Tre “matti” come li definisce la società del “pret-a-manger”. Silvio Pistone conduceva, insieme con il padre, una piccola ma redditizia attività di piastrellista quando ha deciso di comprare una trentina di pecore e iniziare a produrre formaggio. Mauro Musso ha lavorato quattordici anni in un supermercato prima di decidere di darsi alla produzione dei tajarin, una pasta tipica di queste parti. A Maria Teresa Mascarello invece il vino scorreva nelle vene. Proveniva da quel padre considerato a sua volta un eretico della produzione vinicola locale e davanti a quel destino segnato non ha potuto tirarsi indietro.
La loro eresia sta nel non voler allinearsi a una vita dedicata al guadagno, alla furberia e dunque all’assalto della natura al solo scopo di ricavarne profitto. Tutti e tre producono ciò che è possibile, senza forzare tempi e quantità, dedicando attenzione alla qualità e al benessere di chi ne godrà. E chi se ne frega se il formaggio finisce, se la pasta costa di più di quella del discount o se le bottiglie sono limitate.
Sono uomini e donne che si sono rimpossessati della propria vita o che in fondo non l’hanno mai noleggiata al miglior offerente. Per comunione di valori si frequentano e attorno alle loro tavole ci sono sempre più persone. La terra, messa nelle loro mani, parla la lingua della storia.
“In fondo alle loro storie, alle loro contraddizioni si intravede la luce” scrive Paolo Casalis nel libretto che accompagna il dvd, acquistabile nelle principali enoteche piemontesi o attraverso il sito web di Stuffilm. Un principio di riflessione contagiosa che sta arrivando sui tavoli delle amministrazioni locali e nazionali grazie a iniziative come “Salviamo il paesaggio” che mirano a portare i riflettori sugli abusi quotidianamente rivolti al territorio.