Greenpeace fa centro con la campagna “Green my Apple” e il colosso informatico di Cupertino diventa più verde
Se oggi la mela è più verde, molto lo dobbiamo a Greenpeace! Il movimento ambientalista mondiale, famoso per le sue campagne di sensibilizzazione, ha ottenuto un’importante vittoria nel campo dell’e-waste, convincendo il colosso informatico Apple, a porre una maggiore attenzione all’aspetto eco-responsabile dei suoi prodotti.
Ma non solo. L’azienda di Cupertino ha pubblicato una lista dei traguardi verdi raggiunti di recente, nella sezione “ambiente” del suo sito ed è doveroso riportarne i più importanti:
- Eliminazione di sostanze nocive: MacBook, MacBook Pro e MacBook Air presentano strutture in alluminio e vetro altamente riciclabili, schermi senza mercurio e vetro privo di arsenico. Schede per circuiti stampati, componenti elettrici, parti meccaniche e cavi interni sono privi di BFR e PVC.
- Efficienza energetica della famiglia MacBook: MacBook Pro 15″ consuma solamente 18W quando inattivo con lo schermo accesso, meno di un terzo di una normale lampadina da 60W, superando così ampiamente i requisiti Energy Star.
- Schermi LED a risparmio energetico: la tecnologia degli schermi LED a risparmio energetico è ora presente su MacBook, MacBook Air, MacBook Pro e LED Cinema Display. Lo schermo a retroilluminazione LED di MacBook utilizza il 30% in meno di energia rispetto agli schermi a retroilluminazione CCFL tradizionali.
- Riduzione del consumo di energia: dalla prima generazione di computer iMac a quella attuale, il consumo di energia del sistema in stop è diminuito del 93% grazie ai miglioramenti apportati alla gestione dell’alimentazione della CPU e a una maggiore efficienza dell’hardware.
- Revisione degli imballaggi: l’imballaggio della quarta generazione di iPod nano è più leggero del 32% e utilizza un volume del 54% inferiore rispetto alla prima generazione.
Green my Apple ha dunque fatto centro e la Apple… cambia colore! Nata nel Settembre 2006, la campagna Green my Apple si è materializzata con un movimento attivista senza precedenti ed un sito, Green my Apple appunto, così ben fatto, da aggiudicarsi il premio nel 2007 (l’Oscar del web ndr).
L’originale piattaforma web è stata disegnata per assomigliare quanto più possibile al sito della Apple e contenere tutti gli strumenti per diventare attivisti. Si può ad esempio inviare un messaggio a Steve (Jobs ndr – ai fans della Apple piace chiamare il CEO per nome), o inserire un post dal proprio blog e renderlo parte del contenuto del sito tramite il sistema Technorati. Per i più creativi, invece, la parola d’ordine è “Use your Mac to make Macs better” ossia “usa il tuo Mac per fare un Mac migliore”. Per loro e per tutti gli artisti della rete, c’è infatti lo spazio ProCreate, dove realizzare ad esempio posters e magliette a tema o creare una pubblicità Apple alternativa. Insomma, una vera è propria rivoluzione creativa della comunicazione.
Tuttavia, quello che davvero ha reso questa campagna vincente, è stata la leva favorevole sull’indiscussa celebrazione del leader dell’high-tech, del design, ma soprattutto il leader dell’approccio pionieristico ai nuovi stili di vita. “Think different” del resto è uno degli slogan più gettonati di Apple e visto l’attuale panorama politico ed economico, all’alba del governo Obama, mai slogan fu più appropriato.
Ma quale è stato il motore di questa incredibile trovata tutta green?
In principio era l’e-waste. La parola e-waste è tutta inglese e definisce il cosiddetto “Waste of Electric and Electronic Equipment”. Con questo termine si indicano i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) per cui è necessaria una corretta gestione dello smaltimento per non incorrere in pesanti ritorni di inquinamento dannosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente.
Già nel 2004 Greenpeace si faceva portavoce della necessità di gestire al meglio questi rifiuti, con l’obiettivo di eliminare le sostanze tossiche più pericolose, come PVC, ritardanti di fiamma bromurati, antimonio, berillio e ftalati, migliorare i processi di riciclaggio e segnare un importante cambiamento nel sistema di produzione e smaltimento degli oggetti elettronici.
Tale necessità, si è trasfmormata nel 2006 in una vera e propria Eco-Guida per valutare lo “stato di salute verde” delle multinazionali dell’high-tech.
Tramite l’assegnazione di punteggi da 0 a 10 (10 è il goal verde), definiti sulla base di monitoraggi specifici, l’Eco-Guida stila una vera e propria classifica, a cui oggi partecipano liberamente 18 multinazionali tra cui Nokia, HP, Dell, Acer ed Apple, fornendo al tempo stesso uno storico dell’impegno delle stesse nell’ambito di produzioni più sicure ed eco-responsabili.
La Apple, inseritasi nella guida fin dalla prima edizione ha colto nella competizione, la giusta sfida, ma è stata la pressione creata dalla campagna Green my Apple, a determinare una consistente trasformazione della multinazionale in senso ecologico.
Sempre secondo i dati dell’Eco-Guida Greenpeace, ad oggi il colosso di Cupertino, si troverebbe appena dietro la Sharp, a un soffio dai 5 punti (quasi 2 punti guadagnati rispetto alla prima edizione) aggiudicandosi tra l’altro il vantaggio su Acer e Panasonic.
Il prossimo obiettivo sarà dunque il vertice della classifica dove attualmente si trova Nokia, ma per fare questo, Apple dovrà sicuramente concentrarsi sul sistema di riciclaggio e smaltimento rifiuti, che dovrà divenire più efficiente soprattutto fuori dagli States.
In Italia, infatti, Apple affida la gestione RAEE ai Centri di Raccolta Rifiuti elettronici (CdR) che sono però al centro di molte polemiche. A questo proposito e a favore di un’industria high-tech più verde, Greenpeace ha lanciato una nuova piattaforma web, www.elettronicaverde.it , dove è possibile informarsi e partecipare attivamente a supporto di questa emergenza ambientale.
I colossi (e non solo) dell’ high-tech sono dunque sotto stretta osservazione e l’opinione pubblica non manca a farsi sentire. Sicuramente i leaders dell’industria saranno capaci di cogliere l’opportunità che si cela dietro questa sfida e chissà che un domani non siano proprio loro a raccontare un cambio nelle regole del gioco.
L’importante, come diceva Albert Einstein, è tenere presente che “I problemi non possono essere risolti dallo stesso atteggiamento mentale che li ha creati”.