Pasqua senza agnelli. È quella che si augura chiunque abbia a cuore il benessere degli animali, perché questa festività sia tale non soltanto per gli uomini, ma anche per migliaia di cuccioli destinati a finire anzitempo la loro vita nei mattatoi per finire sulle tavole in ossequio a una insensata e anacronistica tradizione.
Pasqua senza agnelli. È quella che si dovrebbe augurarsi chiunque abbia a cuore il benessere degli animali, perché questa festività sia tale non soltanto per gli uomini, ma anche per migliaia di cuccioli destinati a finire anzitempo la loro vita nei mattatoi per finire sulle tavole, in ossequio a una insensata e anacronistica tradizione.
I numeri di questo massacro sono impressionanti: ogni anno sono 900.000 gli agnelli, le capre e le pecore costretti ad affrontare la morte nel periodo di Pasqua. Secondo l’associazione EARTH si tratta solo di un business economico ai danni di cittadini ed animali. “Per soddisfare la tradizione in Europa vengono in fatti importate dalle 300.000 alle 500.000 tonnellate di carne di animali clonati, che sono entrati a far parte della catena alimentare, senza che per questi casi sia stato previsto l’obbligo dell’etichettatura. In Italia poi molti animali sono importati dall’est Europa, e vengono trasportati per lunghi tratti, senza sosta, senza cibo né acqua e per questo muoiono anche prima del tempo di stenti e di sete, costituendo a loro volta cibo poco sano per le mense pasquali“, si legge in una nota.
Per loro, in effetti, sarebbe stato meglio non venire al mondo. “Amareggia pensare che, nell’arco di appena trenta giorni, gli agnellini dovranno passare dal tepore del primo sole di primavera al freddo di una cella frigorifera, per essere infine destinati a imbandire la tavola della nostra festa“, ricorda l’Enpa in una nota. Ma di questo i consumatori, spesso, non hanno alcuna percezione. “Nei giorni che precedono la Pasqua i nostri supermercati sono tutti un tripudio di cosciotti, costolette e bracioline, stipati all’interno di anonime confezioni, sterili e asettiche, che talvolta invogliano all’acquisto con “imperdibili” offerte promozionali. Mentre qua e là, tra gli scaffali, un disegno stilizzato raffigura il muso rassicurante e sorridente di un agnellino. Non c’è nulla che racconti la loro tragedia, le loro sofferenze – aggiunge l’Enpa -. Volutamente, forse per timore di stimolare nei consumatori processi di identificazione emotiva. L’imperativo è comprare e consumare. Del resto, poco importa se ciò avviene sulla pelle di questi poveri animali“.
Inoltre, sempre EARTH ha calcolato anche che il numero di animali uccisi è nettamente superiore alle reali necessità. “Un piccolo pesa all’incirca 7 Kg, mentre un adulto ne pesa all’incirca 35” spiega Valentina Coppola, presidente di EARTH. Quindi per soddisfare “la tradizione religiosa Pasquale” se ne uccidono 4 volte di più e si priva degli animali della propria dignità separandoli cruentamente dalle loro madri. L’unico modo per tutelare questi sfortunati animali realmente è quello di non destinarli al consumo alimentare. Porre fine alla “strage degli innocenti” è facile: è sufficiente orientare i propri gusti alimentari verso menu “cruelty free”.
Anche per questo l’associazione ha messo on line sul proprio sito una petizione, le cui firme saranno indirizzate al Vaticano: “un Papa che ha deciso di chiamarsi Francesco I non può essere indifferente al dolore degli animali e coerentemente alla dottrina di Francesco chiediamo di dire apertamente un NO deciso allo sterminio pasquale degli agnelli da latte e indirizzare la propria voglia di religiosità alla preghiera ed alla pietà verso il prossimo, sia che abbia due che quattro zampe“, conclude la Coppola.
Per firmare la petizione clicca qui
Roberta Ragni
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