La confettura biologica italiana è radioattiva? Secondo il distretto Shibuya-ku di Tokyo sì, tanto che il 18 ottobre qui è stato revocato all'importatore MIE PROJECT l'ordine di 5.184 barattoli di confettura di mirtillo bio con scadenza anteriore al 17 ottobre 2015.
La confettura biologica italiana è radioattiva? Secondo il distretto Shibuya-ku di Tokyo sì, tanto che il 18 ottobre qui è stato revocato all’importatore MIE PROJECT l’ordine di 5.184 barattoli di confettura di mirtillo bio con scadenza anteriore al 17 ottobre 2015.
Come riporta un avviso del Comune di Tokyo, infatti, nel corso delle rilevazioni delle autorità sanitarie locali, è emersa la presenza di Cesio 137 pari a 140 becquerel (Bq) al chilogrammo nelle confezioni di marmellata biologica “Fiordifrutta” ai mirtilli neri prodotte dalla Rigoni di Asiago e importate dalla Mie Project. Tutto parte da un’indagine autonoma condotta dal giornale giapponese Shukan Asahi.
Per la rivista, i mirtilli analizzati, che sono, come è noto, di provenienza bulgara, presentano valori leggermente più alti rispetto a quelli emersi successivamente dalle analisi ufficiali, ovvero 164Bq/kg di cesio-137. E si tratterebbe di una contaminazione all’incedente di Chernobyl del 1986. Sulle 70 tipologie di alimenti analizzati, compresi vino e pasta, sono stati riscontrati da Shukan Asahi livelli di 300 becquerel sono stati trovati anche in una partita di funghi secchi.
Questo perché, si legge nelle raccomandazioni della Commissione della Comunità europea del 1 aprile 2003 “sulla protezione e l’informazione del pubblico per quanto riguarda l’esposizione risultante dalla continua contaminazione radioattiva da cesio di taluni prodotti di raccolta spontanei a seguito dell’incidente verificatosi nella centrale nucleare di Chernobyl”, proprio bacche e funghi, insieme agli animali selvatici (vedi il caso dei cinghiali radioattivi della Val Sesia) tendono a trattenere il cesio radioattivo in uno scambio ciclico tra gli strati superiori del suolo (strame), batteri, microfauna, microflora e vegetazione.
Non a caso, bacche selvatiche quali mirtilli neri, bacche di rovo, mirtilli rossi, lamponi, more di rovo e fragole selvatiche, varie specie di funghi selvatici commestibili e carne di selvaggina in alcune regioni dell’Unione europea continuano a registrare livelli di cesio radioattivo che superano i 600 Bq/kg.
L’Associazione di Volontariato Mondo in Cammino, alla luce di questa vicenda, mette in guardia:
“questo riscontro pone degli inquietanti interrogativi sulla circolazione degli alimenti radioattivi nella Comunità Europea e, ancor di più, a livello intercontinentale. Il paradosso è che mentre ci preoccupiamo della eventuale provenienza di pesce contaminato dall’Oceano Pacifico giapponese sulle nostre tavole, una contaminazione supplementare va invece ad aggravare la situazione radioecologica dei cittadini giapponesi nel campo della catena alimentare”.
In realtà, per capire se la contaminazione alimentare finita sotto i riflettori del Giappone sia riferita a fallout pregressi o più recenti, senza ricondurla superficialmente o frettolosamente a Chernobyl, bisognerebbe ora analizzare il rateo fra Cesio 137 e Cesio 134, continua l’associazione, ribadendo di non voler fare nessun terorrismo psicologico. Intanto, però, sui social è panico e sulle bacheche si moltiplicano post inquietanti1. Alcuni lasciano intendere che i prodotti biologici siano tutti radioattivi.
L’azienda, dal canto suo, invita a tornare con i piedi per terra e spiega che il problema nasce dalla modifica, da parte del Giappone, dei limiti ammessi per il contenuto di cesio negli alimenti. Limite recentemente diventato ancor più cautelativo. Tanto per capire l’entità dell’asticella posta dal paese asiatico, fissata a 100 Bq/kg contro il precedente 500 Bq/kg, basterà ricordare che nell’Unione Europea si ammettono 1250 Bq/kg, mentre negli Stati Uniti 1200. Il lotto in questione, poi, che è tuttora sotto analisi, si trovava nel deposito in Giappone da più di un anno.
Che cosa è successo, quindi, esattamente in Giappone?
“I fatti sono questi: in Giappone una rivista ha commissionato un’analisi su diversi prodotti, tra cui anche i nostri. In uno dei tanti lotti della nostra confettura analizzati è stata riscontrata una radioattività superiore a quella concessa attualmente in Giappone. In questa vicenda siamo scagionati dal nostro distributore, che non ci ha comunicato i nuovi limiti. In pratica, il problema sollevato circa la radioattività rilevata riguarda direttamente l’abbassamento dei limiti dei prodotti europei venduti in Giappone. Tutto questo, per farla breve, non sarebbe successo se Mie Project ci avesse informato, mentre il nostro prodotto resta a norma per tutti i Paesi del mondo. La frutta impiegata per Fiordifrutta proviene da filiera controllata e su di essa si svolgono costantemente analisi di qualità interne e attività di vigilanza da parte di Autorità. Durante le analisi non si sono mai verificate non conformità“, spiega Andrea Rigoni, amministratore delegato della Rigoni di Asiago spa, a GreenMe.it.
Per l’A.D. la questione è chiara come il sole: il vero problema si nasconde dietro una tacita (ma nemmeno troppo) guerra commerciale che si è aperta tra Europa e Giappone da quando, dopo Fukushima, l’Ue ha deciso di controllare i prodotti nipponici. L’allerta sui frutti di bosco radioattivi di Rigoni di Asiago, quindi, sarebbe ingiustificato.
“Questa è una notizia che crea un allarme inutile, dal momento che le quantità di radioattività sono minime e che, comunque, non hanno niente a che fare con la nostra azienda o con la nostra professionalità. O le autorità europee non si sono mai preoccupate della nostra salute, o i livelli di contaminazioni in questione non sono poi così rilevanti. Dal mio punto di vista si tratta di una vera e propria guerra commerciale, che ha preso come pretesto, in questo caso, un nostro prodotto“, ci ribadisce Rigoni.
Quali sono quindi i rischi per i consumatori italiani? È proprio perché i livelli di contaminazione rilevati sarebbero bassissimi che non ci sarebbe nessun rischio, secondo l’A.D.: tutti i mirtilli selvatici dell’azienda venduti in Italia sono controllati e certificati, anche se arrivano a loro volta dalla Bulgaria o da altri Paesi dell’est, perché nel nostro Paese questo tipo di produzione è insufficiente per coprire il mercato.
“Sulla provenienza dei nostri mirtilli siamo sempre stati trasparenti, l’abbiamo sempre comunicata e il fatto che la raccolta avvenga in Romania non è un gran scoop, anche perché da qui viene gran parte dei frutti di bosco selvatici venduti in Italia. La nostra scelta delle aree di raccolta viene fatta con molta accuratezza. Selezioniamo solo zone di montagna certificate biologiche più pulite. Questo perché il mirtillo di montagna ad altezze superiori a livello del mare contiene molte più sostanze antiossidanti. Inoltre, i nostri mirtilli vengono lavorati direttamente sul posto, in modo da garantire freschezza e tracciabilità del prodotto. Nel giro di appena due giorni sono già surgelati“, conclude Arrigoni, dicendosi certo che i suoi consumatori continueranno a comprare le marmellate “Fiordifrutta” per la loro qualità e le loro proprietà organolettiche.
Mondo in Cammino sottolinea comunque “la necessità di prevedere a livello preventivo e legislativo una modifica o integrazione di quanto finora previsto e/o esercitato nel campo della normativa sulla radiocontaminazione alimentare, in quanto non è garanzia per la salute dei cittadini il riscontro di livelli di radioattività “di norma” nei vari singoli alimenti eventualmente controllati, perché questo dato “singolo” non può tenere conto dell’effetto cumulativo e “oltre soglia” causato da eventuali altri prodotti alimentari “contaminati” rientranti in un qualsiasi regime alimentare e, soprattutto, non può parametrare – negli indici di soglia massima assunti dalle varie legislazioni – l’effetto cronico delle basse dosi di radiazioni ingurgitate nel tempo”. Il problema, quindi, non riguarda tanto le marmellate in questione, quanto tutti i cibi che ingeriamo, che potenzialmente potrebbero essere radioattivi. Solo che sotto la soglia europea.
Roberta Ragni
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