Buste di plastica: anche gli Emirati Arabi e l’Africa orientale le mettono al bando

Gli Emirati Arabi ed alcune regioni dell’Est Africa stanno compiendo passi opportuni al fine di ottenere che i prodotti in plastica usa-e-getta, la loro produzione ed il loro impiego quotidiano vengano definitivamente banditi. Essi rappresentano la causa del maggior accumulo di rifiuti nelle discariche dei Paesi interessati. La loro eliminazione e la loro sostituzione, quando necessario, con materiali biodegradabili in tempi brevi potrebbe dare una svolta al problema rifiuti. Essi infatti finiscono spesso per deturpare le aree desertiche o per inquinare, attraverso il loro purtroppo costante accumulo, le acque marine.

Anche l’Africa dice no ai sacchetti di plastica. Gli Emirati Arabi ed alcune regioni dell’Est Africa stanno compiendo passi opportuni al fine di ottenere che i prodotti in plastica usa-e-getta, la loro produzione ed il loro impiego quotidiano vengano definitivamente banditi. Essi rappresentano la causa del maggior accumulo di rifiuti nelle discariche dei Paesi interessati. La loro eliminazione e la loro sostituzione, quando necessario, con materiali biodegradabili in tempi brevi potrebbe dare una svolta al problema rifiuti. Essi infatti finiscono spesso per deturpare le aree desertiche o per inquinare, attraverso il loro purtroppo costante accumulo, le acque marine.

Negli Emirati Arabi è stata presentata nei mesi scorsi una proposta di messa al bando dei prodotti costituiti da materie plastiche non compostabili, tra cui buste di plastica, confezioni ed incarti alimentari, involucri delle riviste, pellicole per alimenti, sacchi in materiali termoretraibili destinati all’imballaggio dei pallet, sacchi per la spazzatura e quant’altro sia costituito da materie plastiche e destinato ad avere vita breve.

Il divieto sarebbe dovuto scattare nel 2013, ma la sua entrata in vigore è stata anticipata al 2012, e riguarderà tutte le comuni materie plastiche, ad eccezion fatta per le oxo-bioplastiche, sebbene esse abbiano tempi di degradazione più lunghi rispetto ad altri materiali biodegradabili e non possano essere destinate al compostaggio. La loro decomposizione può impiegare fino a 18 mesi all’area aperta, mentre all’interno di una discarica il processo di degradazione avverrebbe in maniera più rapida rispetto a quanto accade per la comune plastica.

Da questo momento in poi, negli Emirati Arabi sarà dunque possibile immettere in commercio unicamente prodotti in oxo-bioplastica che abbiano ricevuto un’apposita certificazione da parte dell’ESMA (Emirates Authority for Standardisation & Metrology) che si occuperà di stabilire se i prodotti esaminati aderiscano allo Standard UAE 5009 fissato nel 2009.

I presidenti degli Stati membri della Comunità dell’Africa Orientale ‒ che comprende Burundi, Uganda, Tanzania, Kenia e Ruanda ‒ stanno valutando una proposta di legge relativa alla messa la bando di tutte le materie plastiche. L’iniziativa era partita dalla comune volontà di porre sotto stretto controllo l’impiego di polietilene, promossa dalla legislatrice ruandese Patricia Hajabakiga.

Dato il successo della proposta in Ruanda, essa è stata estesa a tutti gli Stati membri della Comunità. Il documento presentato prende il nome di “The East African Community Plastic Control Bill” e potrebbe diventare presto legge se i Capi di Stato dei cinque Paesi in questione la controfirmeranno. Se ciò avvenisse, nell’Est Africa sarebbero proibite la manifattura, la produzione la vendita e l’utilizzo e l’importazione di materie plastiche contenenti polietilene. A spingere Patricia Hajabakiga verso un passo così importante è stata la consapevolezza dei danni causati all’ambiente ed alla salute di uomini ed animali dalla produzione di materie plastiche e dal conseguente sconsiderato accumulo di rifiuti.

Marta Albè

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