A pochi giorni dalla premiazione dei Comuni Ricicloni Campani – iniziativa di Legambiente giunta quest'anno alla sesta edizione – stavolta tocca al WWF dimostrare (per l'ennesima volta) come i cittadini campani siano tutt'altro che insensibili al problema dello smaltimento rifiuti. I dati presentati questa mattina all'Istituto Studi Filosofici di Napoli parlano chiaro: la raccolta differenziata in Campania è possibile e i risultati raggiunti con il porta a porta sono pari se non superiori a quelli di molti comuni del Nord... Europa.
A pochi giorni dalla premiazione dei Comuni Ricicloni Campani – iniziativa di Legambiente giunta quest’anno alla sesta edizione – stavolta tocca al WWF dimostrare (per l’ennesima volta) come i cittadini campani siano tutt’altro che insensibili al problema dello smaltimento rifiuti. I dati presentati questa mattina all’Istituto Studi Filosofici di Napoli parlano chiaro: la raccolta differenziata in Campania è possibile e i risultati raggiunti con il porta a porta sono pari se non superiori a quelli di molti comuni del Nord… Europa.
Non si tratta di opinioni ma di fatti. Da due anni a questa parte il WWF conduce un esperimento pilota in 7 comuni di Napoli: Bagnoli, Ponticelli, Centro Direzionale, Chiaiano, Colli Aminei, San Giovanni a Teduccio e Rione Alto. Qui, dopo un’intensa attività di lavoro, sensibilizzazione, educazione, comunicazione e ancora lavoro, i cittadini hanno capito – prima degli amministratori locali –l’importanza di un corretto smaltimento dei rifiuti. Tanto che, dal 2008 ad oggi, il contributo di questi 7 comuni ha fatto sì che la percentuale di raccolta differenziata del capoluogo passasse dal 14,45% al 18,90% (nel 2000 si era all’1,32%).
E se messa così la cifra non sembra dire molto, presi singolarmente i “magnifici sette” rivelano un’attitudine degna di paesi come la Svezia, la Finlandia o la Germania. I quasi 20.000 cittadini di Bagnoli, ad esempio, hanno prodotto da gennaio a settembre di quest’anno 3.519 tonnellate di rifiuti, delle quali, però, solo 313 sono finite in discarica. Il resto – ovvero il 91,11% – è stato avviato al riciclo. Il quariere di Chiaiano, reso celebre dai mass media per gli autocompattatori dati alle fiamme, vanta un più che invidiabile 72,63%, e a seguire tutti gli altri, fino al 50,15% dei 31.876 abitanti di San Giovanni a Teduccio.
Cifre che dovrebbero smuovere le acque: i 130.000 napoletani dei quartieri del porta a porta – sostiene Alessandro Gatto, presidente del WWF Campania – ci dicono che puntare sulla raccolta differenziata spinta è un investimento sicuro che li mette allo stesso livello dei cittadini nord-europei. Rincara la dose Stefano Leoni, presidente del WWF Italia: i dati della composizione merceologica dei rifiuti prodotti a Napoli indicano l’enorme potenzialità in termini economici e di lavoro. È facile immaginare il recupero dei materiali come carta e cartone, che rappresentano oltre il 23% dei rifiuti prodotti nelle 6 province campane, dopo la frazione umida (33,62%), a cui si aggiungono plastiche, metalli, vetro e tessili. Questo ciclo virtuoso è poi quanto ci chiede l’Unione Europea. Parole a cui si aggiungono le immagini del documentario Voglia di differenziata, presentato insieme al report del WWF, una piccola inchiesta che dà voce ai cittadini e alle loro esigenze. A uscirne sconfitti, con la loro retorica su “inceneritori”, “cultura del sud” e “incapacità”, sono prima di tutto loro, quelli che il problema dovrebbero risolverlo: i politici. Buona visione.
Roberto Zambon