Combinare due innovativi materiali hi-tech, i nanocristalli di silicio e i dendrimeri, nella realizzazione di celle fotovoltaiche di nuova generazione per renderle più efficienti, meno costose e, allo stesso tempo, prive di metalli potenzialmente tossici e meno costosi di quelli attuali.
Combinare due innovativi materiali hi-tech, i nanocristalli di silicio e i dendrimeri, nella realizzazione di celle fotovoltaiche di nuova generazione per renderle più efficienti, meno costose e, allo stesso tempo, prive di metalli potenzialmente tossici e meno costosi di quelli attuali.
È la scommessa della ricercatrice italiana Paola Ceroni, del gruppo di fotochimica di Vincenzo Balzani dell’Università di Bologna, che, grazie al progetto PhotoSi, è riuscita ad incassare un sostanzioso finanziamento 1 milione e 200 mila euro, legato al programma Erc starting grant dell’Ue.
I nanocristalli di silicio, al contrario dei fogli in silicio attualmente usati, sono minuscoli, con dimensioni di pochi milionesimi di millimetro (nanometri), ma conducono anche meglio l’elettricità. I dendrimeri, grosse molecole a forma di albero, sono in grado di catturare l’energia solare e trasformarla quasi totalmente (80%) in energia elettronica. Fissando ad ogni nanocristallo più dendrimeri si potrà migliorare l’efficienza delle celle solari, sfruttando al massimo le proprietà dei due materiali.
Il primo problema da superare è quello della produzione di nanocristalli con la tecnica bottom-up, cioè partendo dal basso, assemblando strutture molecolari, che consentirebbe di ottenere cristalli in grado di assorbire tutta la luce solare. Impresa più volte tentata, ma mai riuscita fino ad ora.
Poi sarà necessario fissare i dendrimeri ai cristalli e studiare l’interazione tra i diversi nanocristalli di silicio e il passaggio dell’elettricità dall’uno all’altro.Alla fine, sarà possibile realizzare un prototipo di cella fotovoltaica.
Il lavoro, insomma, si prospetta duro e faticoso, ma la Ceroni è pronta ad affrontare questa sfida: “Anni fa, dopo un esperimento andato male– racconta la ricercatrice quarantenne e madre di 3 figli al – trovai un foglio sulla mia scrivania. C’era scritto ‘Se hai ottenuto quello che volevi, hai fatto una misura. Se hai ottenuto quello che non volevi, hai fatto una scoperta‘. L’aveva lasciato un mio supervisore. Non è sempre così purtroppo. Ma quella volta ebbe ragione”.
Il fotovoltaico del futuro parlerà italiano?
Roberta Ragni