C'è chi l'energia la vuole ottenere dalle correnti marine, chi dagli aquiloni, chi dai peti delle mucche e chi dalle strade. A seguire quest'ultimo filone, dopo le Solar Rodways dell'ingegner Scott Brusow di cui vi avevamo già parlato, sono i ricercatori dell'Università di Rhode Island (URI), guidati dal professore di ingegneria civile e ambientale K. Wayne Lee. Che, ha fatto sapere: abbiamo chilometri e chilometri di asfalto in tutto il paese che in estate assorbe una grande quantità di calore, riscaldando le strade fino a 140 gradi o più.
C’è chi l’energia la vuole ottenere dalle correnti marine, chi dagli aquiloni, chi dai peti delle mucche e chi dalle strade. A seguire quest’ultimo filone, dopo le Solar Rodways dell’ingegner Scott Brusow di cui vi avevamo già parlato, sono i ricercatori dell’Università di Rhode Island (URI), guidati dal professore di ingegneria civile e ambientale K. Wayne Lee. Che, ha fatto sapere: abbiamo chilometri e chilometri di asfalto in tutto il paese che in estate assorbe una grande quantità di calore, riscaldando le strade fino a 140 gradi o più.
La prima è quella di installare dei pannelli solari di ultima generazione sulle cosiddette barriere di Jersey (quei grossi blocchi di cemento che dividono le carreggiate), in modo da fornire l’energia necessaria per l’illuminazione delle strade stesse. A questo proposito, Lee ha sottolineato come questo sia “una proposta realizzabile oggi, perché le tecnologie già esistono”. Ed ha aggiunto che un progetto pilota è in fase di collaudo per i lampioni di Bliss Hall, appena fuori dal Campus di Rhode Island.
Una seconda fonte di energia, anzi, di calore, potrebbero fornirla delle serpentine di tubi da pozionare appena sotto l’asfalto. In questo modo si otterrebbero due vantaggi: il primo, smetterla di salare le strade ogni volta che nevica, poiché l’acqua calda all’interno delle serpentine (pompata di proposito) potrebbe scaldare l’asfalto evitando così qualsiasi formazione di ghiaccio. Inoltre (d’estate): usare l’acqua delle serpentine resa bollente dal sole per scaldare gli edifici intorno, regolando la temperatura delle abitazioni meglio – sostiene Lee – di un impianto a geotermia.
La terza proposta del gruppo di ricerca dell’Università del Rhode Island è quella di generare modeste quantità di corrente sfruttando le differenti temperature tra, ad esempio, l’asfalto (più caldo) e i campi intorno (più freddi). Grazie a un circuito termo-elettrico infatti, si potrebbero collegare tra loro gli “hot” e i “cold spot”, creando così una differenza di potenziale sufficiente, in teoria, a sciogliere il ghiaccio sulla carreggiata.
Quarta e ultima proposta ricorda un po’ quella di Scott Brusow: sostituire l’asfalto delle autostrade con blocchi elettronici composti da un mix di luci al LED, sensori e celle fotovoltaiche. In questo modo si potrebbe non solo creare energia, ma allo stesso tempo illuminare la strada e scaldarla in caso di neve. Insomma: cogliere tre piccioni con una fava.
Sull’effettiva realizzabilità delle proposte, il professor Lee la prende con filosofia: questo tipo di tecnologie così avanzate richiederà senza dubbio del tempo per essere accettata dall’industria dei trasporti; tuttavia, abbiamo usato l’asfalto per più di cent’anni, tra poco arriverà il momento di un cambiamento.
Di certo, non è l’unico ad augurarselo.
Roberto Zambon