Bandana al collo come segno distintivo, atteggiamento disinvolto, pazienza infinita e una riserva inesauribile di amore per dare supporto a chi ne ha più bisogno. All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù arrivano nuovi “coach” pelosi pronti a offrire “una zampa” ai bambini che devono affrontare la neuro-riabilitazione per recuperare la capacità di muoversi e camminare.
Bandana al collo come segno distintivo, atteggiamento disinvolto, pazienza infinita e una riserva inesauribile di amore per dare supporto a chi ne ha più bisogno. All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù arrivano nuovi “coach” pelosi pronti a offrire “una zampa” ai bambini che devono affrontare la neuro-riabilitazione per recuperare la capacità di muoversi e camminare.
Il progetto sperimentale si chiama “Qua la zampa” ed è stato realizzato in collaborazione con l’Anucss onlus, Associazione nazionale utilizzo del cane per scopi sociali. Per due giorni alla settimana, nell’arco di due ore, i piccoli pazienti potranno così svolgere gli esercizi di riabilitazione accompagnati da cani appositamente addestrati, estremamente duttili e abituati a lavorare insieme a bambini con difficoltà serie o con disabilità motorie. Come gli oltre 650 bambini l’anno con lesioni di natura neurologica seguiti dalla struttura, che li aiuta con terapie riabilitative ad hoc e con l’ausilio delle più avanzate strumentazioni robotiche.
Il Bambino Gesù, costantemente impegnato nell’individuazione delle soluzioni migliori per rendere l’esperienza del ricovero meno difficoltosa possibile, con questa iniziativa sperimenta infatti l’evoluzione del tradizionale concetto di coaching: in questo caso l’interazione si sviluppa tra bimbo e animale e il registro di comunicazione, non verbale, è a livello molto profondo, emotivo. Il coach a quattro zampe, quindi, è un facilitatore del processo riabilitativo che incrementa la motivazione al trattamento, aiuta i più piccoli a raggiungere gli obiettivi, è di supporto psicologico nella riduzione dello stress, li gratifica, ad esempio scodinzolando, facendosi accarezzare o porgendo la zampa, e li accompagna verso l’arricchimento delle proprie competenze e nel recupero progressivo della propria autonomia.
“La facilità di comunicare emozioni e di inviare stimolazioni sensoriali reciproche costituisce per molti bambini, inibiti proprio in questo tipo di scambio, un grosso canale di relazione: accudire e accarezzare dolcemente un cane o veder assecondati docilmente i propri gesti (anche i più imprevedibili o incontrollati) rappresenta per chi è in terapia un’occasione per rilassarsi e sentirsi accettato incondizionatamente“, spiega una nota della struttura ospedaliera.
“Tutti i bambini con lesioni del sistema nervoso e che hanno problematiche sensoriali o motorie come emiparesi, tetraparesi o disturbi dell’equilibrio, posso beneficiare del pet-coaching – sottolinea il responsabile della neuroriabilitazione pediatrica del Bambino Gesù, Enrico Castelli -. Non si tratta di una terapia in senso stretto ma di una attività mediata dall’animale che coadiuva potenziando il trattamento riabilitativo del bambino“. Ecco perché si è pensato di chiamarlo “coaching”, in relazione alle capacità dell’allenatore di motivare e gratificare affettivamente l’atleta: la relazione col cane aumenta la motivazione del bambino a dare il meglio di sé durante il training, migliorandone la performance psico-fisica e lo gratifica al termine dell’esercizio. I cani impegnati in questa nuova avventura sono di razze diverse, golden retriever, cocker, labrador, con carattere, temperamento e abilità differenti, ma con una comune vocazione: aiutare i più piccoli.
Roberta Ragni
Leggi anche:
Pet Therapy: a Prato via libera a cani e gatti nelle case di riposo e negli hospice