Sandra potrebbe presto essere liberata dalla gabbia. La femmina di orangutan detenuta nello zoo argentino di Buenos Aires forse verrà trasferita in un santuario: è stata riconosciuta come "persona non-umana" illegittimamente privata della sua libertà da un tribunale
Sandra potrebbe presto essere liberata dalla gabbia. La femmina di orango detenuta nello zoo argentino di Buenos Aires forse verrà trasferita in un santuario: è stata riconosciuta come “persona non-umana” illegittimamente privata della sua libertà da un tribunale.
Tutto è iniziato quando, nel mese di novembre, gli attivisti per i diritti animali hanno presentato una richiesta di ‘Habeas corpus”, più tipicamente usata per contestare la legittimità della detenzione di una persona. Nel sistema anglosassone di common law si indica con la locuzione latina l’ordine emesso da un giudice di portare un prigioniero al proprio cospetto, per verificarne le condizioni personali ed evitare una detenzione senza concreti elementi di accusa.
Sandra, nata in cattività in Germania 29 anni fa, prima di essere trasferita in Argentina, ha meritato i diritti fondamentali di una persona “non umano”. Da 20 anni era prigioniera nella stessa struttura in cui perse la vita il giorno di Natale di 2 anni fa Winner, l’orso polare che non ha resistito al troppo caldo dell’estate argentina e al frastuono dei fuochi d’artificio.
La possibile liberazione di Sandra è un riscatto anche per lui, così come per tutti gli altri esseri senzienti che sono ingiustamente e arbitrariamente privati della loro libertà in zoo, circhi, parchi acquatici e laboratori scientifici.
Si tratta, infatti, di una sentenza storica, che potrebbe aprire la strada per ulteriori azioni legali, come spiega l’Associazione dei funzionari e avvocati per i diritti degli animali (Afada). Ora lo zoo di Buenos Aires, che si rifiuta di commentare, ha 10 giorni lavorativi per fare appello.
Non è la prima volta che gli attivisti hanno cercato di utilizzare l”habeas corpus’ per ottenere la liberazione degli animali selvatici dalla prigionia. Nel 2011, negli Stati Uniti la PETA aveva intentato una causa contro il gestore del parco marino SeaWorld, relativa a cinque orche catturate in mare e trattate come schiave. Ma un tribunale di San Diego respinse la richiesta.
Roberta Ragni
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