Ilva di Taranto: arresti per concussione e associazione a delinquere

Sette arresti per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sull'Ilva di Taranto. I dirigenti dell'industria avrebbero corrotto politici, periti ed imprenditori locali per ridimensionare i danni ambientali provocati dalle attività inquinanti dello stabilimento pugliese.

Sette arresti per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sull’Ilva di Taranto. I dirigenti dell’industria avrebbero corrotto politici, periti ed imprenditori locali per ridimensionare i danni ambientali provocati dalle attività inquinanti dello stabilimento pugliese.

A riferirlo sono le fonti giudiziarie, che questa mattina hanno fatto scattare i sette arresti per corruzione, concussione e associazione a delinquere. Tre degli arrestati sono in carcere, mentre gli altri quattro sono ai domiciliari in base a quanto previsto da due ordinanze di custodia cautelare, firmate dai gip di Taranto Patrizia Todisco e Vilma Gilli.

Gli arresti della guardia di finanza sono scattati questa mattina all’alba, in seguito agli accertamenti effettuati durante l’inchiesta parallela a quella per disastro ambientale, dal nome “Ambiente venduto”, che nel mese di luglio ha portato al sequestro di alcuni impianti dello stabilimento siderurgico tarantino.

Tra le persone arrestate c’è il vicepresidente del gruppo Riva, l’ex direttore del siderurgico di Taranto e l’ex consulente dell’Ilva, addetto ai rapporti con le pubbliche amministrazioni e licenziato dall’attuale presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ad agosto.
Tra i destinatari delle misure cautelari anche Lorenzo Liberti, il docente dell’università di Bari, che avrebbe ricevuto pressioni dall’Ilva per ridimensionare una perizia elaborata su richiesta della procura ionica.

Poiché l’Ilva ha nascosto per anni la pericolosità delle sue attività, le autorità giudiziarie hanno messo sotto sequestro preventivo tutta la produzione degli ultimi quattro mesi, stoccata attualmente nell’ex area Belleli e nei parchi della zona portuale di Taranto: migliaia di lastre di acciaio e coils, grossi cilindri di materiale già realizzato per essere spedito alle industrie.

I materiali prodotti non potranno essere messi sul mercato perché realizzati in violazione della legge: le lastre infatti sono state fabbricate quando l’area a caldo dello stabilimento era sotto sequestro senza alcuna possibilità d’uso.

E c’è di più: il provvedimento, firmato dal gip Todisco, ferma definitivamente la produzione dell’acciaieria che negli ultimi quattro mesi – nonostante l’ordine della magistratura – è andata avanti ugualmente.

Anche se l’Ilva ha deciso di chiudere gli stabilimento di Taranto, dovrà comunque pagare per il risanamento dell’area. Si tratta di un intervento rilevante che potrebbe dare occupazione per lungo tempo ai lavoratori che oggi costretti a lavorare in condizioni umane e sanitarie inaccettabili – commenta il WWF – Chiediamo quindi al Governo di non cedere al ricatto dell’Ilva, di assumere le decisioni che impone la legge e costringere la società a restituire l’area, una volta risanata, all’ambiente e al territorio. Chiediamo inoltre al Governo di decidere quale debba essere il futuro della città di Taranto una volta bonificata

I fatti di questa mattina dimostrano – ancora una volta – che i fatti dell’llva di Taranto non riguardano solo il mondo del lavoro e la salute umana: in gioco c’è la salvaguardia e il rispetto dell’ambiente, ma anche la legalità.

Verdiana Amorosi

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