Due anni fa, uno sversamento massivo di petrolio nelle acque del Golfo del Messico diede il via a uno dei più grandi disastri ambientali di sempre. Ora la società britannica British Petroleum pagherà per questo una multa di 4,5 miliardi di dollari, corrispondenti a oltre 3.,5 miliardi di euro. Ma la cifra stratosferica, la più grande mai registrata per un risarcimento di questo tipo, laverà via solo in parte gli enormi danni ormai irreversibili.
Due anni fa, uno sversamento massivo di petrolio nelle acque del Golfo del Messico diede il via a uno dei più grandi disastri ambientali di sempre. Ora la società britannica British Petroleum pagherà per questo una multa di 4,5 miliardi di dollari, corrispondenti a oltre 3.,5 miliardi di euro. Ma la cifra stratosferica, la più grande mai registrata per un risarcimento di questo tipo, laverà via solo in parte gli enormi danni ormai irreversibili.
L’ufficialità dell’accordo è stata data dalla stessa compagnia. “Questo dimostra che abbiamo accettato la responsabilità delle nostre azioni – ha detto Bob Dudley, ad della Bp- siamo profondamente dispiaciuti del nostro ruolo nell’incidente“. La multa, che si aggiunge alle decine di miliardi che sono già in corso di versamento, riguarda sia le 11 singole accuse per le vittime dell’incidente che i danni ambientali, oltre alle menzogne sulla gravità dei fatti dichiarate all’epoca dei fatti al Congresso degli Stati Uniti, che sono state ritenute un tentativo di ostruzione.
La Deepwater Horizon era una piattaforma petrolifera realizzata a circa 80 km dalla Louisiana, dal valore di circa 560 milioni di dollari, di proprietà dell’azienda svizzera Transocean, la più grande compagnia del mondo nel settore delle perforazioni off-shore. Era stata affittata alla multinazionale British Petroleum per 496.000 dollari per estrarre circa 9000 barili di petrolio ogni giorno. poi, un giorno, la tragedia. Il 20 aprile 2010, mentre la trivella della Deepwater Horizon stava completando il Pozzo Macondo su un fondale profondo 400 metri, un’esplosione sulla piattaforma innescò un violentissimo incendio, in cui morirono 11 persone e rimasero feriti 17 lavoratori.
Due giorni dopo la piattaforma si rovesciò, affondando e depositandosi sul fondale profondo 400 metri a circa mezzo chilometro più a nord-ovest del pozzo. Le valvole di sicurezza non funzionarono correttamente, causando la fuoriuscita del greggio. Ancora non si parlava di grave emergenza ambientale, ma, quando numerosi tentativi di fermare il flusso fallirono uno dopo l’altro, furono riversati in mare, al 15 luglio 2010, tra i 3 e i 5 milioni di barili di petrolio, ovvero tra i 506 e gli 868 milioni di litri.
Dentro l’oceano ormai c’era un altro oceano nero. Per ben 85 giorni la marea invase le acque, uccidendo la fauna e la flora. Per il Governo americano la Bp aveva minimizzato il gravissimo stato della situazione di fronte alle autorità, fornendo una cifra di 12 volte inferiore rispetto alla quantità di petrolio che stava fuoriuscendo dalla piattaforma. “Noi tutti siamo profondamente rammaricati per la tragica perdita di vite umane causate dall’incidente della Deepwater Horizon così come lo siamo per l’impatto che la fuoriuscita ha avuto sulle regioni che si affacciano sul Golfo del Messico“, ha detto ancora Dudley.
Ora, oltre a pagare una multa di 4 miliardi di dollari da versare nell’arco di cinque anni più un’addizionale di 525 milioni distribuita su tre anni, l’azienda si è dichiarata colpevole per 14 tipi di reato. Sulla vicenda resta ancora aperta, però, la controversia economica con gli Stati del Golfo del Messico danneggiati dall’incidente, così come le posizioni dei soccorritori che successivamente accusarono problemi di salute a causa dell’inalazione di sostanze tossiche. Inoltre, il governo statunitense ha citato in giudizio anche la Transocean, proprietaria della piattaforma accusata di aver ritardato gli interventi, e il gruppo Halliburton.
Roberta Ragni
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