Il terremoto in Spagnastata anche colpa dell’uomo. Parola dell’INGV

Terremoti, è anche colpa dell'uomo e delle sue attività se si verificano in determinate aree

Terremoti, è anche colpa dell’uomo e delle sue attività se si verificano in determinate aree. Che l’uomo contribuisca a modificare in peggio il pianeta è ormai certo, ma che possa addirittura contribuire ad incrementare l’attività sismica finora non era stato provato. La conferma arriva oggi da un lavoro portato avanti dall’Ingv insieme all’Università dell’Ontario e dell’Istituto di Geoscienze di Madrid, secondo cui lo stress indotto dall’uomo scuramente può influenzare l’attività sismica.

Gli effetti dello sfruttamento a lungo termine delle falde acquifere sul Terremoto di Lorca, questo il titolo dello studio che ha preso in esame ciò che avvenne in occasione del terremoto di magnitudo 5.1 che colpì la parte meridionale della Spagna, nei pressi della città di Lorca, nel maggio 2011. L’analisi dei dati di deformazione del suolo ha permesso di stabilire che il sisma ha avuto un ipocentro a circa 2-4 km di profondità, lungo la faglia Alhama de Murcia.

Realizzato da Pablo González, Kristy F. Tiampo, Mimmo Palano (INGV), Flavio Cannavò (INGV), lo studio coordinato da José Fernández ha messo in evidenza la possibile relazione tra l’attività di un segmento di faglia e lo stress sugli strati di terreno circostante, causato dal pompaggio dal 1960 ad oggi di grandi volumi d’acqua sotterranea dal bacino acquifero di Alto Guadalentin che confina con la faglia stessa, utilizzati per l’irrigazione.

Il terremoto di Lorca è stato un terremoto di origine tettonica, ma lo sfruttamento della falda acquifera da parte dell’uomo sin dal 1960 ha causato una variazione del campo di stress locale, che sommandosi a quello regionale (tettonico) ha ‘aiutato’ la faglia a generare il terremoto” ha spiegato Mimmo Palano, co-autore della ricerca in un comunicato.

Fatta questa considerazione e accertato che l’attività umana ha avuto un peso non da poco ‘stressando‘ il terreno nei pressi delle faglie, saranno necessari ulteriori studi per quantificare la pericolosità sismica. “Considerando questi importanti risultati, ad oggi stiamo continuando la ricerca utilizzando modelli matematici più complessi e prendendo in considerazione le aree sismogenetiche per le quali esiste una ingente quantità di dati” concludono i ricercatori precisando che anche l’Italia è una di queste.

Francesca Mancuso

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