Continua il viaggio di Goletta Verde lungo la Penisola per monitorare lo stato delle coste e dei litorali italiani. Bocciato ieri senza appello quello romano, a cui è stata assegnata la Bandiera Nera, non tanto per le condizioni delle acque, quanto perché è stata constatata l'inaccessibilità ai cittadini lungo tutti i 17 chilometri della spiaggia di Ostia. Dalla foce del Tevere fino a Torvainica il 94,5 per cento degli stabilimenti in concessione, infatti, impediscono il libero (e per legge gratuito) accesso alla battigia.
Continua il viaggio di Goletta Verde lungo la Penisola per monitorare lo stato delle coste e dei litorali italiani. Bocciato ieri senza appello quello romano, a cui è stata assegnata la Bandiera Nera, non tanto per le condizioni delle acque, quanto perché è stata constatata l’inaccessibilità ai cittadini lungo tutti i 17 chilometri della spiaggia di Ostia. Dalla foce del Tevere fino a Torvainica il 94,5 per cento degli stabilimenti in concessione, infatti, impediscono il libero (e per legge gratuito) accesso alla battigia.
Fingendosi dei comuni bagnanti, ai volontari del Cigno Verde è stato vietato il passaggio al mare in 53 stabilimenti su 56, bloccato da muri, cancelli, recinzioni e in alcuni casi da tornelli che, come nelle metropolitane, impediscono l’ingresso a chi non munito di biglietto o tessera magnetica.
La realtà paradossale e gravissima in cui si sono imbattuti i nostri volontari – commenta Legambiente – è che ad Ostia dall’anno scorso non è praticamente cambiato nulla e che per accedere alla spiaggia, o anche solo poterla vedere, si deve pagare una “tassa sul mare”, nella forma di un abbonamento mensile, di un biglietto giornaliero, di un noleggio di lettino o ombrellone.
Ingressi che non portano in riva al mare, cartelli di “sosta vietata” sulla battigia e divieti di “consumare cibi propri”: queste alcune delle situazioni più “surreali” con cui si sono trovati a fare i conti i volontari di Legambiente, oltre a muri che arrivando fino al mare, ne impediscono la vista e, in pratica, anche la classica passeggiata sul bagnasciuga.
“Non è questo il mare che vogliamo” – tuona l’Associazione – “Il mare di Roma continua a rimanere troppo inaccessibile, è una situazione inaccettabile, quasi nessuno degli stabilimenti permette di entrare liberamente e gratuitamente, nessuno in sostanza permette di fare il bagno, con diversi escamotage fuorilegge a nostro avviso -ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio.
Diversa, per fortuna, è la situazione per i chioschi in riva al mare i quali, in tutti i 18 casi esaminati consentono il libero ingresso al mare, dividendo, di fatto, l’accessibilità del litorale romano essenzialmente in quattro tratti.
Nei 2 km del tratto che va dal Porto di Roma al pontile di Piazza dei Ravennati, trattandosi per lo più di chioschi su spiagge libere, l’accesso è negato “solo” nel 43% dei casi, mentre la situazione peggiora nel secondo tratto che arriva fino alla rotonda di Piazzale Cristoforo Colombo dove essendoci 16 stabilimenti ed un solo chiosco, la percentuale sale all’88%. Completamente blindato risulta essere il terzo tratto: nei 2,7 km che si estendono da Piazzale Cristoforo Colombo a tutto il Lungomare Vespucci – l’accesso libero praticamente non esiste e non è possibile vedere non solo il mare, ma nemmeno l’arenile. Come sanno bene i romani, il mare torna ad essere “bene comune” nell’ultimo tratto, i 7,5 km di spiaggia libera del litorale di Capocotta, con i suoi famosi “8 cancelli” ed i successivi 2 chioschi.
Nel tratto centrale del litorale romano a Ostia c’è un susseguirsi di grandi strutture e costruzioni a fortissimo impatto, veri e propri villaggi turistici in cui si entra solo a pagamento. – ha dichiarato Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio. – Chiediamo alla Regione Lazio e al Comune di Roma la fine di questa continua e scellerata richiesta di pagamento per accedere alla battigia, una illegale ed ingiusta “tassa sul mare” che vede Ostia in tutta Italia come capofila della riscossione. Gli stabilimenti vanno controllati, prevedendo anche la possibilità di sospensione e revoca delle concessioni. Solo in questo modo si avrà la possibilità di ridare ai cittadini quella sabbia ormai scomparsa e quel mare ormai così lontano, solo così si restituirà alla cittadinanza quello che è e deve continuare ad essere un bene comune.”
Simona Falasca