Il Governo ha presentato oggi in Senato un emendamento presentato nel decreto omnibus all'esame dell'aula del Senato, che comporta il blocco della costruzione delle centrali nucleari per arrivare ad una vera e propria abrogazione dei programmi rendendo così inutile la consultazione popolare prevista per il prossimo 12-13 giugno.
Bloccare i lavori e i programmi per la realizzazione delle centrali per evitare il referendum contro il nucleare programmato a giugno. Questo, in breve, l’intento del governo che – di fronte al timore di una grande partecipazione cittadina al referendum contro il ritorno dell’atomo in Italia – ha pensato di stoppare i programmi per la costruzione delle centrali nucleari con il solo e unico obiettivo di schivare il pericolo del referendum.
Come? Attraverso un emendamento presentato nel decreto omnibus all’esame dell’aula del Senato, che comporta il blocco della costruzione delle centrali nucleari per arrivare ad una vera e propria abrogazione dei programmi rendendo così inutile la consultazione popolare prevista per il prossimo 12-13 giugno.
Non a caso, il testo dell’emendamento presentato oggi riporta le seguenti parole: “Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”.
Insomma – dopo la moratoria dello scorso marzo (che ha bloccato i lavori per 12 mesi) sulla scia del disastro di Fukushima con la scusa delle verifiche e degli approfondimenti, il tutto viene rinviato a data da destinarsi, ma intanto il referendum rischia di saltare e senza questo, cosa accadrebbe se l’esecutivo un giorno o l’altro decidesse di riaccendere l’interesse momentaneamente sopito per il nucleare?
“La procedura viene semplicemente sospesa sine die – hanno commentato i senatori Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante – in attesa forse di tempi migliori e sicuramente dopo avere aggirato l’ostacolo del referendum. Il governo vigliaccamente toglie la parola agli elettori”.
Le reazioni delle Associazioni alla notizia della presentazione dell’emendamento in Senato
Dello stesso avviso Legambiente: “Consapevoli che il quorum nel referendum di giugno sarebbe stato raggiunto e che la stragrande maggioranza degli italiani, di tutti gli schieramenti politici, sono contrari al nucleare, il governo ha deciso di abrogare le norme per la realizzazione di nuove centrali atomiche. Salta quindi anche il referendum ma non cala l’attenzione da parte delle associazioni che continueranno invece a vigilare affinché il nucleare cacciato ora dalla porta non si riaffacci dalla finestra, magari tra un anno, quando le acque si saranno calmate e l’incubo di Fukushima sarà meno opprimente” – commenta il presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza – “Questa grande vittoria del movimento antinucleare sia la spinta decisiva per avviare un nuovo piano energetico nazionale basato sulle fonti rinnovabili, che escluda definitivamente il ritorno all’atomo, rispondendo positivamente agli obiettivi internazionali e garantendo al Paese occupazione e sviluppo di qualità”.
Positive, nonostante i chiari intenti con cui è stato presentato l’emendamento, anche le reazioni a caldo del WWF: “La decisione del Governo di abrogare le norme per la riapertura del nucleare in Italia è comunque una buona notizia. Dopo 1028 giorni – pari a 2 anni, 9 mesi e 5 giorni – dalla data del decreto legge n. 112 (del 25 giugno 2008) che rilanciava il nucleare in Italia, dopo decine di dichiarazioni caratterizzate da inossidabili certezze, dopo aver messo a rischio proprio nella prospettiva del nucleare anche la crescita delle energie rinnovabili, il Governo ci ripensa”. – si legge nella nota diramata- “Fin troppo evidenti i motivi di questa scelta, ma nel merito è comunque una straordinaria vittoria del Paese che ha dato un segnale inequivocabile con la mobilitazione referendaria – prosegue la nota -. Occorre ora vedere in quali tempi e su quali contenuti si svilupperà il dibattito parlamentare, per evitare che si celino trappole che possano tra qualche mese o anno far riaffacciare l’ipotesi nucleare sulla quale certamente il referendum avrebbe messo una pietra tombale. Il tempo trascorse invano ha inciso sicuramente sullo sviluppo del Paese. Ora occorre assolutamente dettare tempi certi e condivisi per la definizione di una strategia energetico – ambientale che vada ben oltre la formulazione di un mix energetico. Occorre evitare che si concretizzi l’ipotizzato taglio degli incentivi per le fonti rinnovabili dando certezza alle imprese che operano in questo settore e scegliendo con determinazione la prospettiva delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica come asse strategico del nostro futuro.
Molto più dura invece la reazione di Greenpeace: “Il Governo ha paura dell’opinione degli elettori. È un caso di “furbizia preventiva” che coglie un dato reale: la forte opposizione degli italiani al nucleare» spiega il direttore esecutivo dell’associazione dell’arcobaleno, Giuseppe Onufrio che fa notare come molti dei commenti di ministri ed esponenti della maggioranza “svelino il trucco” cercando di prendere tempo e abrogando solo alcuni punti della legge per evitare che gli italiani si esprimano attraverso il voto per poi riproporre il nucleare tra un anno. “Questa truffa non è accettabile”, continua Onufrio: “Piuttosto che continuare con queste manovre dilatorie, il Governo dovrebbe abrogare una volta e per sempre tutta la legge sul nucleare, prendendo impegni solenni per promuovere le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica”. Quindi, conclude Onufrio, «se il Governo italiano volesse fare seriamente dovrebbe reintrodurre gli incentivi sulle fonti energetiche rinnovabili, al momento completamente paralizzate dallo scellerato decreto Romani. Greenpeace chiede di adottare il sistema tedesco, alzando gli obiettivi per l’eolico e il fotovoltaico».
Insomma, l’attuale progetto del governo sembra un drammatico replay di quanto avvenuto pochi giorni fa con l’approvazione delle trivellazioni nel Parco Nazionale del Gargano: prima lo stop durante l’emergenza del Golfo del Messico, poi il via libera allo smantellamento dell’area protetta non appena i i riflettori sulla marea nera si sono abbassati.
Verdiana Amorosi