Trivellazioni di petrolio nell’Adriatico: la Croazia dice sì alle consultazioni con l’Italia

Zagabria dice sì. Il Governo croato ha avviato le consultazioni con l'Italia sulle trivellazioni nell'Adriatico. Una vicenda spinosa e che ci riguardava direttamente viste le conseguenze che le attività petrolifere della Croazia avranno anche per il nostro paese

Zagabria dice sì. Il Governo croato ha avviato le consultazioni con l’Italia sulle trivellazioni off shore nell’Adriatico. Una vicenda spinosa e che ci riguardava direttamente viste le conseguenze che le attività petrolifere della Croazia potrebbero avere anche per il nostro paese.

La Croazia dunque ha accolto la richiesta del ministero dell’Ambiente delle consultazioni transfrontaliere sul piano di trivellazioni in mare. La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) italo-croata si farà e sarà relativa a dieci zone, una in Alto Adriatico e 9 nel Medio e Basso Adriatico, per la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi offshore da parte del Governo croato.

L’Italiaspiega il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – ha una legislazione molto rigorosa sul tema delle trivellazioni, orientata prima di tutto alla massima sicurezza ambientale. Essere pienamente a conoscenza di quel che si verifica a poca distanza dalle nostre coste, a maggior ragione perché che si tratta di interventi energetici con un potenziale impatto ambientale, era per noi un passaggio irrinunciabile. Ed è anche un modo per rispondere a chi in questi mesi aveva temuto che l’Italia fosse semplice spettatrice di ciò che accade nell’Adriatico.

Che significa? Facciamo un passo indietro. La Croazia da tempo ha messo gli occhi sull’oro nero nascosto in fondo al mare. Poco meno di un anno fa, il ministro degli Esteri Ivan Vrdoliar aveva rivelato che sotto 12mila chilometri quadrati di mare croato, divisi in 29 concessioni, erano presenti 3 miliardi di barili di petrolio. Senza nascondersi dietro a un dito aveva fatto sapere che il paese avrebbe cercato di diventare “una piccola Norvegia di gas a nord e di petrolio a sud” attraverso il “Piano e Programma Quadro di ricerca e produzione degli idrocarburi nell’Adriatico”.

Quest’ultimo prevede la suddivisione del 90 per cento della superficie marina adriatica croata in 29 “blocchi”, di ampiezza variabile tra i 1.000 e i 1.600 chilometri quadrati. Le prime procedure per l’assegnazione dei diritti di ricerca in questa aree sono già state espletate – ancor prima della conclusione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) – con l’assegnazione di 10 concessioni a 5 compagnie, tra cui l’italiana ENI.

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Che tradotto in parole semplici significa: corsa al petrolio, in barba a tutto il resto, all’inquinamento e ai danni alla fauna marina.

Una sfida lanciata all’Italia, che avrebbe dovuto fare i conti con lo sfruttamento selvaggio del Mare Adriatico senza avere voce in capitolo. Senza contare che la minaccia delle trivellazioni croate a due passi da noi aveva offerto un ulteriore motivo a coloro che erano favorevoli al petrolio: perché dunque evitare di trivellare i nostri mari se i paesi confinanti lo facevano? Un po’ come accade col nucleare visto che vietare l’atomo nel nostro paese ha senso solo in parte se a pochi chilometri dai confini le centrali funzionano a pieno regime.

Il nostro paese aveva il diritto di essere consultato e incluso nella Valutazione Ambientale Strategica riguardante i piani di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nell’Adriatico croato. E la decisione è arrivata sul tavolo del Ministro dell’Ambiente il 26 febbraio scorso. Il ministero ha già informato le Regioni interessate, ovvero Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, dell’avvio della consultazione. Esse avranno dunque la possibilità di trasmettere entro il 20 aprile le osservazioni sul Piano, che verranno insieme a quelle del ministero, saranno inviate il 4 maggio alla Croazia.

Per il WWF, “oggi è un giorno importante per la tutela del Mare Adriatico che dimostra come i confini e le competenze statuali possono e devono essere superate positivamente quando si tratta della tutela degli ecosistemi marini e costieri.

Dal canto suo, Greenpeace aveva invitato il Ministero dell’ambiente, quello degli Esteri e quello dello Sviluppo economico ad agire, attraverso una lettera rivola a Gentiloni: “La Croazia intende trivellare la quasi totalità dei suoi mari, non risulta infatti un limite ai pozzi e alle piattaforme previste. Nell’ambito di queste operazioni, non vengono considerati gli effetti transfrontalieri, così come sono ignorate misure di tutela per aree cruciali per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale anche per la flotta peschereccia italiana. Ugualmente appaiono trascurati gli impatti sul turismo. Alcune trivellazioni potrebbero inoltre essere realizzate su fondali profondissimi, oltre i mille metri. Le attività di estrazione classificate come “ultra deep drilling” sono particolarmente rischiose: la tragedia della Deep Water Horizon nel Golfo del Messico, in tal senso, dovrebbe indurre a non correre mai più rischi di quel genere.”

Non solo Croazia. Se quella di avere ottenuto la consultazione è una conquista, dall’altra parte il nostro paese deve vedersela con se stesso. Di recente, lo Sblocca Italia ha strizzato l’occhio alle trivelle stabilendo che il Ministero dello Sviluppo Economico con proprio decreto, sentito il Ministero dell’Ambiente, “predispone un piano delle aree” senza però che sia specificato l’obbligo della VAS.

Per questo il WWF ha sollecitato il Ministro dell’Ambiente a “compiere un passo formale anche nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico per fare chiarezza, anche nel nostro Paese, sulla piena e corretta applicazione della procedura VAS alla pianificazione delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi”. Il discusso art. 38 del decreto Sblocca Italia è già stato impugnato di fronte alla Corte Costituzionale da 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto.

Sulla stessa linea anche Legambiente: “Siamo molto soddisfatti della notizia data dal ministro dell’ambiente GianLuca Galletti sull’avvio della consultazione transfrontaliera sul piano di trivellazioni lanciato da Zagabria nel mare Adriatico”.

Ora chiediamo che la stessa attenzione venga posta anche al mare italiano e al Governo chiediamo un cambio di passo nell’affrontare la questione trivellazioni in mare attivando la procedura di Valutazione ambientale strategica anche per le attività presenti nelle acque territoriali, sicuri di trovare un riscontro positivo nel ministro dell’ambiente, visto l’avvio del percorso riguardante le acque croate”, dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente.

Oggi sono 72 le richieste in corso presentate per le attività di ricerca e prospezione nei fondali di idrocarburi. Esse interessano un’area marina pari a circa 32mila kmq nel caso della ricerca e 92mila kmq nel caso della prospezione, con decine di piattaforme già attive per l’estrazione di gas e petrolio nei mari Adriatico, Ionio e nel Canale di Sicilia.

Due pesi e due misure?

Francesca Mancuso

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