Copenhagen 2009, la UE chiede agli USA di alzare la posta

l'Ue attacca gli Usa sul taglio delle emissioni, considerando lo sforzo americano solo una briciola (-3%) riportato al parametro comunitario del 1990, mentre rispetto al 2005 la riduzione è stata pari al -17%. Ma l'Ue auspica una riduzione almeno del 20%.

A soli 4 giorni dall’apertura della Conferenza sul clima di Copenhagen, la situazione internazionale si fa rovente e le speranze di trovare un accordo vincolante più flebili. La disputa ancora una volta corre sui numeri. Numeri che riguardano promesse che probabilmente sono chimere, che sembrano avere solo l’intenzione di “cambiare” ma invece sono solo una goccia nell’oceano. A diffonderli è stata prorio l’, che attacca gli Usa sul taglio delle emissioni, considerando lo sforzo americano solo una briciola (-3%) riportato al parametro comunitario del 1990, mentre rispetto al 2005 la riduzione è stata pari al -17%. Ma l’Ue auspica una riduzione almeno del 20%.

Analogo discorso anche per l’India, che ieri ha annunciato che ridurrà la propria intensità carbonica del 24% entro il 2020, sempre in rapporto ai livelli del 2005. Per non parlare della Cina, che nonostante abbia promesso di fare il doppio dell’India, è ancora in alto mare. L’Ue ne ha giudicato l’impegno pari ad «un sacchetto di bruscolini».

Inoltre, ad aggravare la situazione è il fatto che nel 2020 le emissioni di Co2 nei paesi in via di sviluppo saranno più del doppio rispetto a oggi. Proprio per questo, secondo l’Ue, durante il vertice di Copenaghen si dovrà considerare che i gas serra toccheranno il loro massimo fra dieci anni e agire di conseguenza, auspicando il raggiungimento del 50% nel 2020 sul 1990.

Una vera impresa, visto che paesi come Cina, India, Brasile e Sudafrica vi si oppongono. Per la Commissione è “improbabile raggiungere a Copenhagen un accordo pieno su un trattato vincolante“. E definisce 4 punti su cui poter iniziare a lavorare:

● trovare una visione comune sulla soglia dei 2 gradi;

● indicare impegni di riduzione delle emissioni ambiziosi e compatibili;

● definire un pacchetto finanziario che comprenda un’intesa per una partenza rapida;

● ribadire l’esigenza di un patto legale vincolante da finalizzare a metà 2010 nella conferenza già in programma a Bonn.

Pessimista sugli esiti del summit anche il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Corrado Clini, ha detto ieri che “il limite dei 2 gradi di aumento della temperatura media globale in relazione alla Co2, guardando semplicemente alla produzione e ai modelli energetici, è un obiettivo già oggi non realistico“. E aggiunge: “A Copenaghen sarà difficile raggiungere un accordo sul clima. Speriamo, almeno, di mettere a punto un programma di lavoro che ci permetterà di arrivare nel 2010 ad un trattato che sostituisca il Protocollo di Kyoto. Non c’è accordo sugli impegni che devono prendere i singoli Paesi, non c’è accordo tra Unione Europea e Stati Uniti, non è chiaro cosa possano fare le economie emergenti, come India e Cina“.

Francesca Mancuso

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